Il genuflesso Adani fa "piccola" la vecchia Rai

A volte basta poco per evitare un dramma, per scansare una tragedia

Il genuflesso Adani fa "piccola"  la vecchia Rai

A volte basta poco per evitare un dramma, per scansare una tragedia. Per esempio quando Gonzalo Ariel Montiel si è avvicinato per calciare il rigore decisivo del mondiale in Qatar, una fetta enorme del popolo argentino ha unito le mani pregando il cielo, Diego e Nostra Signora di Lujàn perché non sbagliasse la mira. In quei secondi si è visto un uomo, solo, nemmeno al comando, un italiano di anni quarantotto, nativo di San Martino di Rio, avere le mani giunte e tremolanti, Adani Daniele è il desso, massimo docente di football, nel particolare quello sudamericano, uruguagio e argentino su tutti. Ebbene, mentre nello studio Rai gli altri presenti assistevano, composti, all'evento storico, il suddetto Adani, all'esecuzione di Montiel, si è inginocchiato, prima coprendosi il volto per la gioia sofferta o la sofferenza gioiosa, quindi ha alzato il braccio sinistro e con il dito ha indicato il cielo, per ringraziare la lettera D, per lui Dio e Diego pari sono, «alla destra del barba si siede Messi» (così sostiene). Daniele in ginocchio, come nella scultura del Bernini, il profeta implorante. Questa la nuova Rai dello sport che ha pure tollerato i pensieri del genuflesso sull'assenza nella telecronaca della finale, non prevista però dall'accordo contrattuale.

Proprio in queste parole, proprio in questo mondiale è stato facile tornare con la memoria a Nick Carosio e a Nando Martellini, ad Enrico Ameri e a Sandro Ciotti, a Sergio Zavoli ed a Maurizio Barendson, roba piccola a confronto di questo nuovo gigante del racconto calcistico, della sua indipendenza, più volte affermata, della sua grammatica corporea. Adani Daniele avrà altre finali, altri gesti di adulazione. Lo prevede il suo contratto. Nell'attesa, ripenso alle parole del suo idolo: «Que miras bobo? Anda pa'alla, bobo».

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