L'ultimo atto del Conte bis salva il Tricolore a Tokyo, non il Governo - ormai in uscita - da una nuova figuraccia. L'Italia andrà alle Olimpiadi con inno, bandiera e divisa propri: per non incorrere nella sanzione del Cio ha avuto bisogno del decreto «tampone» invocato fino a ieri dal presidente del Coni Malagò e varato personalmente dal premier dimissionario dopo l'ennesimo stallo in Consiglio dei Ministri. «Anche se all'ultimo secondo dei tempi supplementari, siamo riusciti a chiarire che il Coni è assolutamente un ente pubblico indipendente - ha dichiarato lo stesso Malagò -. Da oggi lavoreremo con tutti, con le istituzioni e con la società Sport e Salute, ma siamo entità diverse e noi abbiamo il nostro confine».
Una notte passata a cercare la quadra dopo mesi di polemiche, rinvii e risposte mancate (circa 27 dal varo della riforma dello sport gialloverde che doveva depotenziare il Comitato olimpico italiano, 19 dall'assegnazione di Milano-Cortina 2026 e dalle promesse fatte da Conte al n. 1 del Cio sul rispetto della Carta Olimpica, che non prevede ingerenze governative sui Comitati nazionali). Le forze politiche e i ministri concordavano sulla necessità del provvedimento ma erano in pieno disaccordo sulla sostanza. Tutto ciò fino all'intervento decisivo di Conte nel veloce Cdm: prima l'annuncio della fine del suo dicastero bis e poi il suo via libera al decreto, pur non inserito all'ordine del giorno.
Risultato: niente contratto di servizio, spinto da Sport e Salute ma bocciato da Malagò, e niente Coni Spa, ipotesi giudicata troppo costosa. Il Coni avrà un organico di 165 unità e 10 dirigenti, alcuni beni immobiliari (vedi i centri di preparazione olimpica) e tornerà a ricevere finanziamenti più ingenti dei 40 milioni previsti, visto che il «tesoretto» stanziato dal Governo per lo sport era nel pieno possesso dell'ente presieduto da Vito Cozzoli. È di fatto la soluzione scritta nel decreto sulla governance saltato alla fine di novembre per la rottura fra Pd-Italia Viva e M5S sul tema dell'incompatibilità (che avrebbe impedito la ricandidatura di Malagò).
I dettagli di quest'autonomia citata nel decreto sono ancora da definire - entro 60 giorni dovrà essere convertita in legge - e ripartirà la trattativa sui ruoli all'interno del sistema sportivo in primis tra Coni, Sport e Salute e Dipartimento dello Sport. Intanto però Bach si è detto «felice», ha apprezzato il passo indietro dei mondo politico, così oggi nell'Esecutivo del Cio non arriverà la sanzione per l'Italia a Tokyo nè lo stop ai fondi per le Olimpiadi Invernali del 2026 di Milano e Cortina, quanto mai fondamentali in questo momento storico. Sul tavolo resta solo il caso Iran, a rischio sanzione.
Tutto bene quel che finisce bene, si potrebbe dire. Anche se il provvedimento, in quanto tampone, dovrà essere migliorato al Parlamento al momento della conversione in legge.
«Non è tutto sistemato, ma lasciateci qualche minuto di serenità e da domani (oggi, ndr) con la giusta dignità che la storia del Coni richiedeva, faremo tutti gli approfondimenti necessari, con una posizione psicologica e normativa diversa». Intanto possono tirare un sospiro di sollievo i 210 atleti italiane (108 uomini e 102 donne, «pronti a protestare davanti a Palazzo Chigi», ha rivelato Malagò) italiani già qualificati per i Giochi di Tokyo.
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