Il processo di smantellamento del fenomeno imperfetto prosegue. Gli errori di Baku, del Paul Ricard, il terribilissimo errore a casa sua, Hockenheim, e quello a casa nostra, Monza, non sono stati gli ultimi. Nella notte di Singapore, Sebastiano Vettel, stavolta aiutato da una Ferrari parsa nel momento cruciale meno performante (gomme?) ha lasciato qua e là imperfezioni varie che alla fine non hanno fatto altro che esaltare l'impresa di Lewis Hamilton, congelando il ferrarista in un triste terzo tempo. L'inglese, invece, alla pole numero 79 in carriera, e ormai sempre più nelle vesti del Senna del secondo millennio, non ha fatto nulla per nascondere il proprio immenso talento in pista e la propria immensa autostima fuori dalla pista. Al primo tentativo del Q3 ha rifilato distacchi abissali a tutti, divari talmente imbarazzanti che al secondo tentativo, abortito per una staccata maldestra, gli è bastato attendere che i rivali terminassero la propria prova per restare in pole con ampio margine. Tre decimi su Verstappen, oltre sei su Sebastiano, quasi sette sul compagno Bottas, quarto, a rimarcarne, a parità di macchina, la differenza in termini di talento e porgendogli il vassoio che da buon maggiordomo il finlandese sarà domani tenuto a portargli in gara. Cioè, tenendo dietro Kimi come aperitivo, cioè complicando la vita a Sebastiano davanti a lui per cena. Quanto all'incomprensibilmente più amato ferrarista degli ultimi anni, appunto Kimi Raikkonen, il quinto crono non sarebbe solo frutto di sue distrazioni ma anche del rendimento ballerino delle gomme.
Fatto sta, la Ferrari è nei guai. In una pista dove è difficile superare, in una pista dove lo scorso anno, con Vettel che scattava dalla pole, i due maranelliani riuscirono ad autoeliminarsi, in una pista che teoricamente il fenomeno imperfetto dovrebbe amare alla follia visto che in passato ci aveva conquistato 4 pole e vinto altrettante volte, in una pista che avrebbe dovuto, fin dalle qualifiche, essere un problema per le Mercedes, ecco, su questa pista, oggi, il Cavallino si giocherà gran parte delle speranze residue di riaprire il proprio mondiale. I punti di distacco del tedesco dall'inglese sono trenta. Per cui recuperabili, con sette corse ancora da disputare. Se l'avversario non fosse il Senna del secondo millennio, che ha sottolineare l'autoinvestitura nel ruolo ha ieri spiegato che «più di così non avrei potuto fare, questa è una pista epica, la più impegnativa del Mondiale, è cittadina come Monte Carlo ma più lunga, con molte più curve... e poi ciliegina - alla vigilia non pensavo di riuscire a mettere quel mezzo secondo che ci mancava dalla Ferrari». Frase pronunciata ovviamente usando il noi di ordinanza in F1, ma che aveva il chiaro significato di rimarcare la propria impresa. Frase, purtroppo, totalmente diversa da quelle di Sebastiano Vettel che, decisamente mesto, ha detto: «Sono sorpreso dal distacco, non va bene, anche perché avevamo il potenziale per fare meglio. È un distacco bugiardo». E poi: «Non c'è stato un problema specifico, è che non ho trovato il ritmo per tirare fuori il massimo dalla macchina. Però abbiamo il passo e la possibilità di fare meglio. Ce la possiamo ancora giocare».
Ottimismo, dunque. Ottimismo nonostante lo sberlone in qualifica.
Ottimismo nonostante la scelta in Q2 (dopo il tentativo o finta Mercedes in Q1) di provare le ultrasoft per poi tornare di corsa alle hyper abbia agitato i piloti. Ottimismo forse sapendo che a Singapore la safety car è spesso padrona delle sorti del Gp. Basta che a farla entrare non sia qualche sciocchezza del fenomeno imperfetto.
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