Con la quotidiana pubblicazione degli stralci di intercettazioni, contenute nell'inchiesta denominata Prisma della procura di Torino, emergono in modo chiaro altri due aspetti della vicenda non precisamente percepiti dalla pubblica opinione. Il primo è il seguente: le plus-valenze messe sotto accusa nel bilancio della Juve non erano concluse dal club bianconero ma in pieno accordo con altre società. Il secondo, forse ancora più interessante, si riferisce al ruolo esercitato nella materia opaca dai procuratori e in particolare dalle fatture presentate per operazioni di semplice ripulitura dei deficit.
Se Andrea Agnelli, per esempio, in una di queste intercettazioni si lamenta per la richiesta di una commissione da 400mila euro a proposito del rinnovo contrattuale di Giorgio Chiellini con una obiezione di questo tipo («scusate cosa ha fatto mai? Una telefonata al massimo, la trattativa con Giorgio l'ho conclusa io») è segno che l'intreccio perverso con l'attività degli agenti è un altro elemento capace di gonfiare a dismisura le cifre a carico delle società del calcio italiano, e non solo della serie A.
Fino a qualche anno fa le plus-valenze pesavano per oltre 100 milioni di euro sui conti dei club per tacere poi dei lauti guadagni ricavati dai procuratori riferiti proprio a quegli scambi organizzati sulla carta. Nella narrazione di social e tifoserie, i dirigenti che meritoriamente non cedevano alle richieste esagerate degli agenti perdendo propri tesserati a zero venivano considerati degli inguaribili ingenui e perdenti.
Oggi dovrebbero passare per eroi. Anche su questo tema la Fifa in particolare non è stata ancora in grado di partorire una riforma del settore che porti alla luce il fenomeno riducendo drasticamente il potere eccessivo degli agenti.
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