Milano - Solo le favole possono finire così. E per una volta il calcio italiano è stato capace di scrivere una bellissima favola dentro uno stadio, tra applausi e lacrime, tantissime lacrime e una pioggia infinita di emozioni. Tre gigantesche maglie stese sulla curva degli ultrà, con i numeri che da oggi possono diventare icone storiche, l'8 di Gattuso, il 9 di Pippo e il 13 di Nesta, e sul prato verde di San Siro tutto il Milan schierato con le rispettive famiglie per tributare agli eroi giunti al commiato, la passerella meritata. Non c'è uno scudetto da festeggiare, semmai una sconfitta onorevolissima da incassare, ma un secondo posto per la prima volta segnalato da applausi convinti è un piccolo evento.
«L'anno prossimo riproveremo a vincere» è la promessa solenne di Adriano Galliani che accompagna gli esponenti di una generazione unica all'addio con un magone grande, impossibile da nascondere. «Il 9 luglio, giorno del raduno, ci sarà un grande vuoto tecnico ma in particolare ci sarà un grande vuoto umano nello spogliatoio» è la preoccupazione autentica del vice- Berlusconi. E a Costacurta, che glielo chiede in modo didascalico, può rispondere con un'altra frase di questo tipo: «Da luglio ci sarà più rumore a Milanello, non ci sarà più silenzio». Elementare il significato: senza i grandi vecchi, sarà più complicato gestire il gruppo. Un’idea spiegata anche da Gattuso. «Vedo Ambrosini molto preoccupato. Eravamo preoccupati quando hanno lasciato Maldini e Costacurta, però ce l’abbiamo fatta. Ma oggi i giovani guadagnano tanti soldi e si sentono fuoriclasse. Non puoi dirgli nulla, non hanno voglia di imparare e si sentono già arrivati».
Scolpita anche la differenza rispetto alla Juve rimasta senza Del Piero. «Da quella parte smette uno solo, qui sono tanti: è questa la differenza», la spiegazione di Galliani che è già pronto a lavorare per far cambiare idea a qualcuno dei senatori. «Qualcuno non ha tenuto chiuso, chiuso» è la notizia che fa pensare a un ripensamento nei confronti di Inzaghi («Pippo non vuole smettere e vuole restare al Milan»).
Sono le favole possono finire così. Finire cioè col Milan in bilico, 1 a 1 col Novara, e assistere a quel lancio al bacio di Seedorf per il piedino caldo di Pippo Inzaghi capace, senza guardare né portiere e neanche la porta, di firmare l'ultima prodezza balistica che regala un altro successo ai rossoneri, l'ultimo dopo quelli spettacolari di Atene e di Yokohama. A quel punto è giusto che siano tutti in lacrime: Pippo, scortato dal nipote Tommaso, e Ambrosini, Gattuso e Nesta con i figli, anche lo stadio partecipa e si commuove perché arrivare alle soglie dei 40 anni, dopo 300 presenze in rossonero, e 126 gol seminati in lungo e in largo, è una favola che può far rivivere un ragazzo come Inzaghi, protagonista di una carriera simile a una fiaba. «Non ce la faccio a tornare a casa, questa maglia è qualcosa di magico, ora devo riflettere», è la confessione di SuperPippo, uno dei più grandi bomber passati da queste parti.
Dopo di lui, ritagliandosi un minuscolo spazio, tocca a Van Bommel e infine anche a Roma, il terzo portiere, e a Zambrotta che aspetta per agosto un figlio ed è l'unica cosa che conta nel suo immediato futuro. Solo Clarence Seedorf è ancora in sala d'attesa, «non è detto che sia l'ultima partita al Milan, di sicuro non ho smesso col calcio» la sua polemica risposta, come se volesse imporsi persino ad Allegri, il tecnico, ieri sera rimasto in silenzio per lasciare spazio ai grandi addii e anche per evitare risposte impegnative. «Né Tevez né Balotelli possono arrivare» è la prima tessera del prossimo puzzle di calcio-mercato rossonero concessa da Galliani.
Qui comincia la nuova avventura del Milan.
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