Lo sguardo, appuntito, racconta risolutezza. Lui l’attacco ce l’ha scolpito in testa con una traiettoria lineare, che non contempla sbavature. Al bando le panzane moderne: pretende un corazziere ed un piccoletto svelto di testa e di gambe che gli graviti intorno. Discorso chiuso. Osvaldo Bagnoli si gratta meticolosamente la nuca, poi riavvia i capelli, già impomatati all’indietro. Nel suo identikit quei due non soltanto ci rientrano. Ci sguazzano, addirittura.
Il primo è un gigante boemo che svetta oltre il metro e novanta, spalle prominenti, incarnarto dal pallore alabastrino. Ulteriori segni particolari: si compiace nello smantellare le difese. Ci sarebbe anche il nome: Tomas Skuhravy. Bagnoli, che ha ereditato un Genoa soltanto tiepido da Scoglio, sprimaccia i pensieri: adesso è autorizzato a sognare. Certo, il grifone non potrà eguagliare il suo Verona, ma aver caldeggiato questo acquisto potrebbe essere una delle migliori intuizioni del suo personalissimo 1990.
Skuhravy, laureato alla Sorbona del gioco aereo, ha maturato anche un PhD in “apertura degli spazi”. Il partner congeniale, dunque, per quel leggero uruguagio dribblomane che ha piluccato avidamente nelle aree di rigore altrui, l’anno precedente. Immerso alla nascita, talloni compresi, in un rivolo di anarchico acume calcistico, Carlos “Pato” Aguilera è l’altro tassello di un puzzle ineffabile. Quel che Elkjaer era stato per Galderisi una manciata di anni prima: touché.
Così, nell’anno che prelude ai mondiali italiani le notti magiche, sono quelle tessute da questa ammirevole coppia. L’incipit calcistico dei due fenomeni, a dire il vero tossicchiante, procura una momentanea impennata di fatturato per i farmacisti genovesi. Il mal di pancia tuttavia è destinato a svanire in fretta. Quando Tomas e Carlos dimostrano che ci si può dare del tu anche vivendo agli antipodi – calcistici, geografici, caratteriali – non ce n’è più per nessuno. Fila tutto come l’aveva immaginato Bagnoli: uno giganteggia, l’altro si infila in ogni pertugio. Alla fine le retroguardie avversarie sanguinano. Segnano entrambi una quindicina di gol a testa, azzerando il vaniloquio di chi non avrebbe scommesso duemila lire sul Genoa. Rossoblu quarti. Coppa Uefa.
La stagione successiva del duo da favola
L’anno dopo la distanza dal sogno è sesquipedale. Si parte addirittura dai trentaduesimi di finale, contro il Real Oviedo. Carlos e Tomas però non si sciroppano il viaggetto da soli. Al loro fianco spuntano il brasiliano Branco – santo tiratore con le tre dita – il prode capitano Signorini, l’arcigno Torrente e molti altri calciatori di spessore inoppugnabile. Sembra che finisca ancora prima di iniziare, perché il Grifone esce affondato in Spagna. Marassi, tuttavia, sa essere un formidabile correttore di destini avversi.
Aguilera e Skuhravy si inoltrano nella campagna europea con ecumenica attitudine: bastonano tutti, in egual misura. Anche quando l’urna – ghignante – propone il terrificante Liverpool, la convinzione non vacilla. Due a zero a Genova. Un altro paio ad Anfield, con il copyright di Pato: impresa prodigiosa, visto che nessuna italiana aveva mai espugnato il lato rosso del Merseyside. Ci vorrà tutta la solida verve dell’Ajax, in semifinale, per disinstallare lo sfrontato giochino.
Bagnoli adesso può
allentare la tensione. Arrivarci soltanto vicino è una pastiglia amara da deglutire. Ma l’Euro Genoa di Aguilera e Skuhravy resta un’entropia che che sa di buono ogni volta che lo spolveri.
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