Da predestinato a incompreso ma sempre principe. Un'esistenza up and down, su e giù la sua. Una vita di corsa sulle montagne russe che poi è il peggio del peggio per la gente comune e il meglio del meglio per uno che vuole vivere a trecento all'ora. Up and down, su e giù, in una immedesimazione tra uomo e macchina che ha dell'incredibile perché up and down è la carriera di Charles Leclerc e up and down è la Ferrari che ha sposato in questi ormai lunghi sei anni, respirando a pieni polmoni qualche immensa gioia e mandando di traverso tante e troppe amarezze. Up and down, Charles Leclerc è questo, un acrobata della pazienza, un innamorato per davvero della Ferrari, un tifoso nell'abitacolo, un attivista della velocità che ha destinato la propria carriera alla causa rampante sapendo perfettamente di arrivare molto giovane in un team che i giovani li stritola. Sette vittorie, fra cui Monte Carlo quest'anno, casa sua, e due volte Monza, casa di lei, la Rossa. «Sono i successi più importanti, quelli che sogno sempre però adesso cerco soprattutto il titolo mondiale» dice e ripete con il casco e senza casco, prima delle gare e dopo le gare, l'ha detto anche ieri mentre nascosto nell'abitacolo forse piangeva, forse pregava, forse ringraziava, certamente pensava a papà Hervè che lo lasciò adolescente due giorni prima di una corsa importante che nessun up, solo un immenso e struggente down lo rese da un giorno all'altro un vecchio bambino o un giovane uomo. Ma Charles seppe comunque vincere.
Po-po-po-po. Un'ora e mezza dopo la fine del Gran premio di Monza, un popolo che si è all'improvviso ritrovato e riscoperto ferrarista lo attende davanti al garage della Rossa intonando il tormentone dell'Italia mondiale 2006. Charles sale sul muretto, si sporge, prende una bandiera del Cavallino dalla folla davanti e la sventola, ci si avvolge, scatta selfie, e fa up and down dal muretto condividendo la propria esistenza sulle montagne russe con questa gente all'improvviso tornata sua gente.
Nel paddock, nei recenti anni di quasi oblio ferrarista e in questi ultimi mesi up and down, in molti hanno pagellato voti sui piloti e detto e scritto che Verstappen era ed è un'iradiddio motoristica, il più forte pilota che il Signore dei motori avesse mai mandato in terra, che Leclerc fosse incostante e, certo, come no?, ovviamente up and down.
C'è però un dato che nessuna pagella cretina ha la forza di contestare: che in questa F1 ci sono solo due piloti in servizio permanente e attivo che hanno negli anni dimostrato di saper vincere anche senza guidare la monoposto migliore. Nessuno di loro si chiama Verstappen. E due di loro, l'anno prossimo, saranno compagni a Maranello.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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