L'asse Silvio Berlusconi-Adriano Galliani resterà il pilastro portante del Milan di oggi. Del domani non v'è certezza. Cancellate dai muri le crepe apparse con la feroce nota di Barbara Berlusconi, dopo l'incontro di ieri a colazione durato circa 3 ore, nella residenza del presidente rossonero ad Arcore. A Verona, quest'oggi, il vicepresidente vicario e ad può presentarsi nel pieno dell'incarico, con la fiducia riscossa dal patron indiscusso del club da spendere per rasserenare un team finito tra le sabbie mobili di una classifica deprimente. La rivoluzione filosofica, o meglio ancora, la rifondazione di metodi e persone (via Galliani, Braida e i suoi fedelissimi, dentro Albertini, Maldini ecc.) è stata rimessa in un cassetto. Se ci sarà, saranno rispettati i tempi canonici del calcio italiano, cioè a bocce ferme o nelle settimane che precedono la chiusura della stagione, primavera 2014, quando è costume preparare le mosse per l'anno successivo.
Saldo, anzi saldissimo, il rapporto personale tra Silvio Berlusconi e il suo fedelissimo Galliani: non c'era bisogno, dopo 35 anni di sodalizio umano e aziendale, ma il pranzo è servito a riverniciare l'intesa. Non a caso, all'incontro, ha partecipato anche Fedele Confalonieri, storico collaboratore di Berlusconi, e componente di quella schiera di amici fraterni che hanno dato vita al complesso pianeta Fininvest-Mediaset-Mondadori-Milan. Confalonieri ha sempre riconosciuto la competenza di Galliani in materia di calcio ed è sempre intervenuto, nei giorni complicati, per dirimere questioni, mettere a tacere attriti.
Non ci sono stati comunicati ufficiali («non c'è stata mica la guerra!»), come accadde la sera del 2 giugno quando venne deciso di confermare Allegri sulla panchina del Milan, rinviando l'arrivo di Seedorf. Ha parlato solo Adriano Galliani: non è sembrato euforico perché non c'era nessun successo da esibire, è sembrato sereno. E determinato a inseguire presto un risultato: «Dobbiamo cominciare a vincere qualche partita». Didascalica la dichiarazione sull'intera vicenda. La prima parte: «Silvio Berlusconi è il numero uno al mondo e sarà per sempre il mio presidente. Quella con lui è un'avventura per tutta la vita e non è previsto che si interrompa». Cosa vuol dire? Semplicissimo: che fino a quando il Milan sarà retto dal patron, non ci saranno problemi, l'intesa, la lealtà e la collaborazione sono garantite. E che inoltre, qualunque sia lo scenario futuro, il loro rapporto non subirà alcuna influenza. Seconda parte: «Se continuo nel calcio sarà solo con il Milan». Cosa vuol dire? Che risultano «fantascientifiche» le ipotesi di collaborazione con altri club, tipo PSG («robe da pazzi»), come ipotizzato da varie parti. Nel caso di fine rapporto, allora, sarà sempre consensuale, e vedrà Adriano Galliani impegnato su altri fronti, in aziende che magari hanno a che fare con il mondo dello sport mondiale.
Un paio di frasi e via, verso Verona per raggiungere il Milan e riprendere il timone del team. Barbara Berlusconi è rimasta in rigoroso riserbo. «La consegna è questa e non faremo alcuna deroga» la gentile spiegazione del suo portavoce. Sarà decisivo cogliere, nelle prossime settimane, i suoi comportamenti e decifrare così meglio la sua reazione a questa decisione sancita ieri ad Arcore.
D'altro canto Silvio Berlusconi, nei giorni scorsi, ha riconosciuto il talento della figlia («è tosta e brava») ma anche ammesso le conseguenze negative della sua iniziativa («mi ha scatenato l'inferno nel Milan»). Aprire un altro fronte interno non avrebbe giovato a nessuno. Men che meno al Milan. E ha imposto di sotterrare l'ascia di guerra.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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