L'eleganza di Vingegaard è il vero antidoto ai veleni del sospetto

Il leader: "Vado davvero forte, giusto avere dubbi. Così il ciclismo non ricadrà negli stessi errori"

L'eleganza di Vingegaard è il vero antidoto ai veleni del sospetto
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Al Tour ci si interroga: sui perché di una crisi (di Tadej Pogacar) e sui perché di una superiorità così schiacciante quanto prorompente (quella di Jonas Vingegaard), «al limite della fisiologia», sostengono alcuni osservatori.

La verità è data dai controlli, sistematici e a sorpresa. La maglia gialla è stata controllata quattro volte nelle ultime quarantotto ore e ha avuto l'ok a proseguire la propria cavalcata verso Parigi. Che piaccia o no, fino a prova contraria, il re pescatore è credibile. I suoi risultati devono essere registrati come tali, lasciando da parte ogni considerazione non supportata da dati, che poi sono l'unica cosa che conta.

È un classico: ad un certo punto del cammino sulle strade della Grande Boucle, ecco che alla maglia gialla viene rivolta la domanda dalle cento pistole: «Come possiamo credere a certe prestazioni?». Questa domanda è stata rivolta anche al re pescatore, sabato scorso: «Capisco e giustifico chi è scettico sulle mie prestazioni: sto andando davvero fortissimo. Avere dubbi è importante: impedisce che il ciclismo ricada negli errori del passato, autodistruggendosi».

Spesso si ricorre ai tempi fatti registrare da Pantani, Armostrong o Ullrich, ma parliamo di un ciclismo che non c'è più. Sono passati venticinque anni e nel frattempo la tecnologia e la ricerca sui materiali è andata avanti. Per non parlare dell'alimentazione. «Non so come avrebbe reagito un corridore come Pantani nel ciclismo di oggi ci ha raccontato giorni fa l'ex gregario di Marco, Marcello Siboni -. Conoscendolo non penso che avrebbe gradito tutta questa esasperazione, nella preparazione e nell'alimentazione. Oggi è un ciclismo che non ha nulla a che fare con il nostro, questo non vuol dire, però, che Marco non sarebbe stato un campione. Marco sarebbe stato un campione anche oggi: avrebbe solo fatto impazzire un po' di più i preparatori».

Ci si interroga sui perché della debacle di Tadej Pogacar, che è riconducibile al 23 aprile, giorno della sua caduta alla Liegi e della conseguente frattura allo scafoide della mano sinistra. Operazione e poi una preparazione fatta solo di rulli e scale da salire e scendere di continuo e ad elevata intensità per tenersi in movimento. Prima del Tour solo due gare: a cronometro e in linea, ai campionati nazionali.

Mentre Vingegaard si preparava in altura a Sierra Nevada e poi andava a correre e vincere il Delfinato. Ci si interroga sul perché di questa pesante battuta d'arresto da parte dello sloveno, dimenticando che avere Taddeo sul podio domenica prossima, potrebbe essere la vera impresa.

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