L'unica speranza della Rossa, adesso, per raddrizzare un campionato sempre più storto, è il misticismo. Cioè che cambi parere e pupillo il dio dei motori fin troppo evocato e ringraziato da Lewis Hamilton in questa stagione. Altrimenti, che il popolo rosso vestito si metta il cuore in pace: il mondiale è andato. Perché la sconfitta finale s'avvicina quando la matematica inizia a prendere per il braccio la passione e si snocciolano numeri e calcoli pur di tenere in vita la speranza. Per esempio, se Hamilton nelle prossime sei gare dovesse arrivare sempre secondo dietro a Sebastiano Vettel, il tedesco e la Ferrari diventerebbero campioni del mondo per due punti. Vien da sé che, perché si verifichi un simile ribaltone, il dio dei motori dovrà essersi messo d'impegno nell'abbandonare al proprio destino l'inglese della Mercedes e montare in sella al Cavallino. Ma la resa è ancora più vicina soprattutto se un fuoriclasse come Lewis vince l'ennesimo Gp che alla vigilia, proprio come Monza, era considerato terreno di caccia ferrarista, centra il quarto successo nelle ultime cinque corse, il numero 69 in carriera, e allunga di altri 10 punti il vantaggio in classifica. Dopo il triste terzo posto di ieri a Singapore, Sebastiano dista infatti la bellezza di quaranta punti dal quattro - diciamo quasi cinque - volte campione del mondo.
Fatto sta, il primo (Hamilton), il secondo (Verstappen), il terzo (Vettel), il quarto (Bottas), il quinto (Raikkonen) e il sesto (Ricciardo) sono arrivati al traguardo esattamente nell'ordine in cui erano partiti. Come si dice in questi casi, formula noia? Rompendo un trend positivo e avvincente che aveva esorcizzato anche il solitamente soporifero Gp di Monza, la corsa by night ha regalato soprattutto sbadigli, eccezion fatta per il bel sorpasso di Sebastiano su Verstappen nel primo giro. Posizione poi restituita definitivamente all'olandese dopo il pit stop, quando la Rossa è passata sulle ultrasoft (scelta rivelatasi sbagliata), e Seb, con la mescola morbida, non è riuscito a inanellare il giro perfetto per tentare il sorpasso su Hamilton. Peggio: poi si è trovato Perez lentissimo davanti per la successiva gioia di Verstappen che, dopo la propria sosta, ha così ripreso la posizione ceduta al primo giro.
La gara è finita lì. Quindi sono iniziate le parole. Ovviamente quelle del trionfatore che abbandonato un attimo il misticismo ha preferito un più terreno pugno in faccia alla Ferrari, dicendo «ha lottato molto bene in questo weekend ma non so come mai sia sparita in gara...». E ovviamente quelle meste del tedesco. Non contento di sé, ma anche del team. Un malumore diplomaticamente sotto traccia, però chiaro nel significato. «Mi sembra evidente» ha spiegato, «che quanto avevamo cercato di fare non abbia funzionato... Non eravamo abbastanza veloci, mancava il passo gara, anche se all'inizio ero stato aggressivo». E ancora, riguardo alla scelta del box di montargli le ultrasoft anziché le soft: «Così ho disputato una corsa diversa da tutti gli altri... E non ero sicuro di arrivare alla fine... La strategia prevedeva di andare subito al comando ma non ha funzionato».
Benché il team principal Arrivabene dica che «nulla è perduto» e in attesa che il dio dei motori trascuri pupillo Hamilton, un'amara considerazione.
Risale al 2010, alla fatal Abu Dhabi, l'ultima volta che la Ferrari ha avuto un'auto da mondiale e non è poi riuscita a farlo suo. Vestiva altri colori, ma c'era di mezzo sempre Vettel. Il mistico Lewis non la vedrebbe benissimo...
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