Lo ha corteggiato e inseguito per sei mesi. L'ha tenuto al riparo dall'assedio dei media. Gli ha recapitato un'offerta irresistibile (8 milioni netti per 5 anni, commissione ridotta al suo agente) senza ricevere risposte per settimane. Alla fine, il Milan di Elliott e di Paolo Maldini ha deciso di mettere fine alla favola calcistica con Gigio Donnarumma e di lasciarlo fuori dai cancelli di Milanello 24 ore dopo la fine del campionato e il secondo posto luccicante che vuol dire Champions league garantita. Lunedì sera, scoperto da due svegli colleghi, è sbarcato a Milano Miki Maignan, 25 anni, della Guyana francese, campione di Francia con il Lille, portiere della nazionale al prossimo europeo, nel passato un paio di litigi con Ibra e Rabiot. È lui il successore di Donnarumma: visite mediche superate, contratto firmato da 2,7 milioni per 5 anni, 13 milioni più 2 per il cartellino. È stata una decisione, a lungo meditata, che ha ricevuto l'approvazione del grande pubblico dei tifosi.
Non è stato facile tagliare il cordone ombelicale con Gigio, accolto, coccolato e fatto maturare dall'età di 14 anni, al quale era stato assegnato uno stipendio boom di 6 milioni (più uno in regalo al fratello Antonio, ndr). Ma quando il Milan ha capito, due mesi fa, che rischiava di restare col cerino in mano mentre Raiola continuava a prendere tempo, è partita l'operazione Maignan.
L'agente di Gigio si è fatto vivo, all'improvviso, due settimane fa, prima di Juve-Milan. Ha fatto una proposta indecente: 10 milioni netti (al lordo 20 milioni) per due anni, senza clausola rescissoria, così da poterlo piazzare - finita la crisi da Covid - al miglior offerente e riscuotere la famosa commissione da 20 milioni! A casa Milan hanno fatto due conti e risposto così: «Ci dispiace ma non spendiamo 40 milioni per l'affitto di Donnarumma!». Questo estremo tentativo ha fatto maturare il convincimento nel club che Raiola non avesse in tasca nessuna offerta da 10-12 milioni, come millantava con i cronisti compiacenti. Persino il tentativo diretto di Paolo Maldini con Gigio non ha sortito effetto. «Io faccio quel che mi dice Raiola» sarebbe stata la risposta del portiere. Così gelida da raccogliere il dissenso dei suoi stessi sodali in rossonero. E d'altro canto tutte le volte che Maldini ha provato a convocare in sede Gigio per un colloquio, si è sentito richiamato al volo da Raiola («di soldi parlo solo io»). Che fosse finito come burattino tra le mani del puparo, era evidente. Dove andrà ora Donnarumma? L'impressione è che sia rimasto spiazzato dalla mossa del Milan, e che adesso Raiola dovrà andare col cappello in mano a reclamare un ingaggio per evitare che giochi l'Europeo da disoccupato. In tanti davano per scontato il passaggio alla Juve tre mesi fa: da Torino nessuna conferma per ora.
Che il Milan ora voglia dare un segnale al calcio italiano è confermato da un'altra mossa. L'interesse per De Paul (quale sostituto di Calhanoglu) si è affievolito quando si è capito che Raiola sarebbe intervenuto nella procura triplicando le richieste. Dall'operazione il Milan non è uscito con le ossa rotte, economicamente. Per riacquistare Donnarumma avrebbe dovuto spendere quasi 100 milioni (tra stipendio e commissioni), per Maignan ne ha investiti solo 40 complessivi, tra cartellino e stipendio. Ne avrà altri 60 per il mercato.
E cioè per il riscatto di Tomori dal Chelsea (28 milioni), rinnovare il prestito di Diaz col Real Madrid e restituire la delusione Tonali al Brescia (altri 25 milioni per completare l'acquisto). Perché l'onda lunga della crisi da covid ha imposto una contabilità rigorosa. E spinto a una nuova condotta: ci si può ribellare alla schiavitù insopportabile dei procuratori.
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