PyeongChang Ha vinto la più forte. Che non è, non è più, Lindsey Vonn. Ha vinto Sofia Goggia e l'Italia dello sci femminile riempie una casella vuota nel suo medagliere olimpico. La x c'era già alla voce slalom, Magoni 1984, gigante, Compagnoni 1994 e 1998, e superG, Ceccarelli 2002. In discesa, ai Giochi, aveva vinto soltanto Zeno Colò, nel lontanissimo 1952. Fino a ieri, giorno in cui Sofia ha dato una lezione a tutte, chiudendo l'era Vonn e aprendo la sua. Finalmente, dopo un anno di parole, diventate davvero assordanti negli ultimi giorni, finalmente si è lasciato parlare solo il cronometro. Il verdetto è stato inequivocabile. In discesa c'è una nuova numero 1, è italiana, viene da Bergamo, ha un'erre arrotata di cui va molto orgogliosa ed è un fenomeno non solo sugli sci, ma anche nelle pubbliche relazioni, che oggi si possono chiamare semplicemente con una parola: social. Si prevede un futuro nella politica, ma quel futuro pare davvero moto lontano, perché con tutti gli anni che ha perso fra un infortunio e l'altro, la sua carriera al massimo livello è praticamente appena iniziata. A quasi 26 anni, Sofia era all'esordio olimpico e ha centrato subito il bersaglio grosso, quello che vale una carriera e cambia la vita. Perché la sua non è stata una vittoria del caso o della fortuna, era fra le favorite e non ha fallito, ha dato il meglio nel momento giusto e quei 99 secondi e 22 centesimi resteranno impressi nella mente di tutti. Ieri, solo la miglior Vonn sarebbe riuscita a batterla, perché con questa Jeongseon Downhill Sofia aveva trovato il feeling giusto alle gare preolimpiche di un anno fa e lo ha ritrovato ora, giorno dopo giorno, prova dopo prova. Ha messo a punto la sua strategia vincente, fatta anche di lunghe ore passate davanti al video, assieme ai tecnici della squadra ha studiato le linee migliori, quelle più adatte alla sua sciata, perché, come giustamente ha detto lei più volte, in discesa non esiste la linea perfetta. «Tagliando il traguardo della terza e ultima prova ho avuto chiaro in testa come avrei dovuto sciare in gara, si trattava solo di eseguire». «In partenza era un po' più tesa rispetto al giorno del superG» dirà il suo skiman, il milanese trapiantato in Valle d'Aosta Federico Brunelli. «Ero in realtà molto concentrata su di me, sulle cose essenziali da fare. Non pensavo al risultato, volevo solo focalizzarmi sulla prestazione, sulla mia sciata. Avevo in testa i punti precisi dove fare la differenza. Pretendevo tanto da me oggi, sapevo che potevo fare tanto. E l'ho fatto».
In conferenza Sofia oscura Lindsey Vonn. Doveva essere il grande giorno dell'americana, l'oro dell'addio all'Olimpiade, ma a rovinare la festa ci si è messa quell'italiana che parla un inglese strascicato manco fosse una vera yankee. Sembra una presa per i fondelli. E Lindsey per una volta tiene un tono basso, quasi che assieme alla gara avesse perso anche la voce. Per la cronaca, in classifica dietro a Goggia non è finita la Vonn, rimasta di bronzo dopo la discesa della norvegese Ragnhild Mowinckel, che ha bissato l'argento del gigante. «Quella di oggi è stata la discesa della maturità ed è solo una tappa del percorso che ho intrapreso e che durerà ancora per anni» dice ancora Sofia, ricordando poi con orgoglio che in quest'Olimpiade i tre ori sono stati vinti da tre donne lombarde. «Non ho ancora sentito la Michi (Moioli, oro nello snowboard, ndr), ma di sicuro quando entreremo nella palestra di Bergamo dove ci alleniamo assieme qualcuno sarà molto orgoglioso di noi».
Quel qualcuno è Matteo Artina, il preparatore atletico che ha fatto crescere atleticamente Moioli e reso Sofia così forte e potente: «Una delle sue cosce ne fa due della Bassino, ricorda tanto Anja Paerson», ha notato un collega, ma per rendere al massimo e soprattutto tenersi lontana da nuovi infortuni, Sofia ha bisogno di questo fisico.
«Che voto mi do? Bé, se non mi do 10 quando vinco le Olimpiadi, mai più!». Alla sera, Sofia è stata premiata dal presidente del Cio Thomas Bach, poi ha cantato l'inno ad occhi chiusi, forse per non far vedere che aveva gli occhi lucidi. Unica debolezza in una giornata da Wonder Woman.
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