"Mai alla Ferrari chi ci insulta. Per il Mondiale ci serve tempo"

L'ad Camilleri risponde a Verstappen: «Qui non ha futuro» Binotto: «Un paio di anni per aprire un ciclo vincente...»

"Mai alla Ferrari chi ci insulta. Per il Mondiale ci serve tempo"

La forza della sconfitta. La forza di ammettere verità con parole talvolta dure, altre crudelmente sincere, pronunciandole con algida sobrietà. C'è forza e unione negli sconfitti di Maranello. Questa cena con la stampa ne rappresenta la riprova. È Natale ma non è Natale. Perché nella grande sala preparata in via Abetone Inferiore 4 ci sono gli addobbi, sì, ma la forza della sconfitta non lascia spazio a ghirigori e tradizione. Anche il menù non c'entra più nulla con le feste. Gli sconfitti di Maranello non si aspettano regali.

L'ad Louis Camilleri e il team principal Mattia Binotto hanno però la forza di spiegare molto della Ferrari un po' forte, un po' tenera, un po' pazza vista quest'anno e, soprattutto, di rivelare quella che sarà. «Investiremo di più, negli anni passati lo si era fatto meno, fuori avete visto i lavori per il nuovo simulatore...», sottolinea Camilleri, «anche se per aprire un ciclo vincente ed essere davanti in modo stabile servirà ancora qualche anno» aggiunge Binotto, precisando «detto questo, siamo la Ferrari per cui ogni stagione abbiamo l'obbligo morale di partire per conquistare il titolo». Forse sono solo mani avanti, forse saranno davvero un paio di anni di attesa, chissà, di certo, però, per battere questa «Mercedes perfetta, mai avuti rivali così forti in 25 anni» sottolinea Binotto, la Rossa non troverà un terreno minato dagli stravolgimenti normativi perché «in fase di rinnovo del patto di Concordia e di trattative sulle regole abbiamo ottenuto quel che volevamo...» è il senso delle parole di team principal e ad.

Due leader con vita ed età diverse, il sessantacinquenne Camilleri e il cinquantenne Binotto. Entrambi pacati nei modi, capaci di fare mea culpa ma rifiutandosi compatti di giudicare insufficiente una stagione con tre vittorie, 9 pole di cui 6 di fila e con il successo a Monza; entrambi freddi nelle analisi e dal sorriso sempre appena accennato che non sai mai se sia un bella questa o ti sistemo dopo. Forse, è proprio per questo che dall'altra sera di loro ci si può fidare di più. Ci si può fidare di Camilleri, del manager americano di origini maltesi che anche in F1 ha ora tirato fuori la grinta chirurgica dei tempi in cui guidava la Philip Morris e dice «se quest'anno ho lasciato un po' solo Mattia? Non credo, ma sono arrivato qui in circostanze particolari (la morte di Marchionne, ndr) e avevo ed ho due priorità: prima la salute dell'azienda e i profitti, poi la F1 e che ci siano le persone giuste. Come Mattia. Ho grande fiducia in lui, ha un incredibile talento». E ci si può fidare quando Binotto della nuova Rossa che verrà presentata l'11 febbraio dice «sarà un'evoluzione di questa ma con molto più carico per sfruttare meglio le gomme», quando snocciola i problemi avuti «affidabilità, strategia, penso a Monte Carlo con Leclerc, gli errori dei piloti, Charles a Baku, Sebastian a Monza, entrambi in Brasile. E i nostri errori: ad inizio stagione, nel gestirli, il cambio di posizioni per esempio in Cina, o gli ordini via radio in Russia, ecco, non dovevamo. Ma impariamo da tutto questo...». È schietto anche quando parla di Mick Schumacher e ammette «il 2019 in F2 è stato positivo ma nel 2020 dovrà dimostrare il salto di qualità per capire se potrà essere da Ferrari». Non è una bocciatura, non è una promozione. Così per Giovinazzi. E quasi si dimentica di annunciare «che apriremo la nostra Ferrari Academy (dove è sbocciato Leclerc, ndr) anche alle donne pilota».

Ci si può fidare di Camilleri che, parlando dei controlli e delle polemiche sulla power unit e delle accuse di illegalità di Max Verstappen, spiega «non è vero che la Ferrari non batta più i pugni, è che noi siamo la Ferrari, una società quotata, per noi integrità e conformità sono valori chiave e non faremmo mai nulla che li metta a rischio». Quanto all'olandese «ha 22 anni, perché mai dargli credibilità ribattendo a un ragazzo quando noi siamo la Ferrari? A volte il silenzio è molto più potente...». Dopodiché, chiude per sempre le porte di Maranello a Max: «No, un pilota che ha detto che la Ferrari barava non avrà mai futuro da noi».

E, quanto al futuro, Binotto a suo modo fa capire che anche la storia di Hamilton sul Cavallino è soprattutto un Gp dialettico per innervosire i rivali «perché sì, ci fa piacere che Lewis sia interessato a noi ma Vettel oggi è al centro del progetto, e Charles è il nostro investimento e leader del futuro. E nel 2020 partiranno alla pari...». Quanto al 2021, riuscite a vederlo l'investimento e leader del futuro Leclerc accanto all'icona Hamilton? Suvvia.

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