La lampada di Aladino non funziona più, Roberto Mancini è stato licenziato dalla funzione di commissario tecnico dell'Arabia Saudita. Il comunicato spiega che è stato trovato un accordo per la risoluzione del contratto. Meno di un anno e mezzo di avventura fiabesca, nel senso del salario garantito dai sauditi e incassato dall'allenatore marchigiano, venticinque milioni di euro a stagione fino al 2027, una buona uscita di uguale entità, un progetto svanito sul campo, un tempo che è stato segnato da troppe incertezze, ventuno partite senza forma e senza sangue, soprattutto l'ultimo mortificante pareggio contro il Bahrain, nel girone C della qualificazione al mondiale. Epilogo modesto per un grande professionista che aveva abbandonato la nazionale azzurra, di questo si era trattato, negando di essere in trattativa con altre federazioni per poi essere smentito nel giro breve di una settimana. Una esperienza inutile, di puro egoismo contabile, nessuna ragione di saggia professionalità, il curriculum di Mancini prevedeva e prevede altri siti più importanti nel football continentale, la grande illusione ha fatto i conti con una realtà diversa da quella immaginata in modo superficiale e infantile, Mancini si era portato appresso otto collaboratori, Salsano, Lombardo, Yaya Touré, Gagliardi, Battara, Gregucci, Donatelli, Contran, un gruppo incantato dal facile guadagno, una comitiva definita l'Italian connection, liquidata in un giorno solo.
Storia amara, dunque, in fondo prevedibile per usi e costumi del mondo arabo che sempre ha cercato di offrire la panchina della nazionale a cognomi illustri, da Zagalo a Beenhakker, da Solari a Pfister a Frank Rijkaard, per arrivare a Hervé Renard, il francese che ha guidato la squadra nel recente mondiale in Qatar e che sembra candidato a riprendersi il ruolo. L'esonero di Mancini non dipende esclusivamente dai risultati mediocri ottenuti dalla nazionale ma dalle continue lamentele del tecnico sulla presenza di calciatori stranieri nel campionato saudita, un dato che gli impediva una giusta scelta di convocati. E poi gli ultimi contrasti con la stampa e addirittura un vaffa rivolto ai tifosi, appunto dopo il pareggio contro Bahrain. Le medaglie conquistate in Europa, i titoli nazionali con Inter e Manchester City, la vittoria incredibile con la nazionale azzurra a Wembley nell'europeo del 2021, non hanno avuto nessun valore al cambio saudita, ventuno partite, nove vittorie, sette pareggi, cinque sconfitte, sono un timbro poco onorevole, l'orgoglio e la presunzione non hanno trovato risposta sul campo, la propaganda che lo aveva accompagnato in avvio, si è esaurita nel tempo di un anno e mezzo. A Riad non lascia rimpianti, già questa è la sua vera sconfitta, al termine di un viaggio inutile, con un grande passato e senza un glorioso futuro.
Non escludo che possa tornare nel circuito importante, il suo censo ha ancora un peso nei territori nostrani. Ripensandoci, un viaggio buttato via nel nome di un altro calcio, una furbata importante soltanto per il conto in banca. Che è già molto.
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