Massimo sbatte la porta. E porta via la famiglia

Offeso da Mazzarri e da Bolingbroke. I suoi uomini fuori dal Cda Thohir: "Rivedrò gli assetti societari". Pesa le questione economica

Massimo sbatte la porta. E porta via la famiglia

Il presidente onorario si è sentito presidente disonorato. E Moratti se n'è andato dall'Inter in modo totale, uno strappo definitivo. Sbattendo la porta. Non ha più resistito alle accuse di aver dissipato danaro, bucato le casse societarie, eppoi quella mancanza di bon ton di un ex dipendente: «Non ho tempo per rispondere a questo o quello». E quello era lui. Suvvia, andate a quel paese manica di pirla, ha urlato il retropensiero. Se n'è andato forse un po' tardi rispetto a quanto avrebbero suggerito buon senso e senso della realtà.

Lo ha fatto a modo suo, come gli capitava con gli allenatori da licenziare. Un giorno di silenzio poi il botto: stavolta ha licenziato se stesso, ma pure Thohir e la sua corte che non gli andava a genio (soprattutto quel Ceo inglese così crudo nel disegnare la realtà economica). Licenziati dalla sua vista e dalla necessità di andarci d'accordo. «Grazie, lascio la presidenza onoraria» ha annunciato con un comunicato distribuito all'agenzia nazionale, senza nemmeno degnare l'Inter di un avvertimento. A sua volta, la società ha ignorato il fatto, sul sito, fino a tarda sera. Poi Thohir, dopo averlo incontrato, ha cercato di mettere qualche cerotto. «Rispetto le sue decisioni, ma Moratti mi ha detto che vuole supportarmi e il rapporto fra le famiglie non cambierà. Io, invece, dovrò rivedere alcune operazioni del club». Ovvero ricostituire il Board. Dimissioni ininfluenti ai fini dei risultati, sul campo e in società, se non fosse che si sono accodati tre personaggi del Cda, i suoi rappresentanti: il figlio Angelomario, Rinaldo Ghelfi e Alberto Manzonetto «che hanno rassegnato ciascuno a titolo individuale le dimissioni dalla carica di consigliere di amministrazione della società F.C. Internazionale Milano S.P.A.». Tecnicamente, e sul piano amministrativo, il gesto fa saltare il Cda composto da 5 membri di Thohir e tre di Moratti. Ora, a meno che l'ex patron non nomini lui stesso nuovi membri, sarà convocata un'assemblea per eleggere un nuovo consiglio di amministrazione.

Moratti detiene ancora il 29,5% delle quote societarie. La logica dice: vendere. Nei giorni prossimi le questioni economiche peseranno di più. Thohir è un presidente senza capitali liquidi. E Moratti ieri ha fatto intendere che qualcosa c'è. «Nulla da spiegare, capirete le decisioni nei prossimi giorni». Anche se una clausola potrebbe impedirgli di cedere fino al novembre 2015. Da qui il termine «supportarmi» usato da Thohir. Serve un sostenitore finanziario, pronto a metter danaro in una società piena di debiti e che Moratti ha portato sull'orlo della bancarotta, nonostante amore, tifo, generosità economica. Il bilancio 2014 parla di una perdita di 103 milioni. E lunedì, per la prima volta in vent'anni, Moratti si è presentato all'assemblea dei soci solo per ascoltare. E nei panni di imputato.

Da qui prende forma l'ultimo colpo di teatro, dopo i malumori dovuti agli esodati nerazzurri: vecchi giocatori e dirigenti. Da questa assemblea nella quale si è sentito colpevolizzare («Pazienza, per quello che è successo in passato. Ma ora dobbiamo essere pronti a raddrizzare quanto è andato storto», disse Michael Bolingbroke, il ruvido Ceo) parte il clamoroso distacco che gli frullava nella testa da un anno, anzi da ancor prima di cedere la società a Thohir. L'ex patron lo ha trattato come i suoi ex allenatori: simpatici all'inizio, poi gran scocciatori.

Da quell'assemblea Moratti è uscito scocciato più di sempre: altre volte Thohir aveva fatto cenno al passato malandato nelle finanze, e l'altro aveva replicato. «Mi infastidisce sentire dire che questa società non era sana». Anche gli applausi finali riservati all'indonesiano non erano digeribili.

Poi l'ultimo screzio di bon ton provocato dalle parole di Mazzarri, in risposta a quel «Se non migliora, saranno guai». Nessuno dei due ha usato termini soft, anche se il tecnico si è visto regalare dall'ex patron un ingaggio da 4 milioni, non proprio due sberle. Ma qui entrano gli aspetti psicologici: Mazzarri si è sentito scaricato in pubblico in un momento difficile, ad Appiano era tesissimo e imbufalito. Non avrebbe nemmeno voluto parlare alle tv. E la società con lui: a Moratti è giunto il senso della seccatura del club.

E Moratti, a sua volta, avrebbe preteso un intervento sulle parole di Mazzarri, nemmeno pensasse che il tutto fosse suggerito dal retrobottega societario. Tensioni da primedonne.

L'Inter sta in mezzo e lo schiaffo dell'ex patron potrebbe essere la miglior risposta a Mazzarri: beccati anche i fischi di chi mi voleva bene. Ora Thohir dovrà cercare un altro socio fra i suoi amici. In Italia coltiva ottime relazioni con l'ex presidente Pellegrini. Chissà mai.

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