Nibali da leggenda domina le Tre Cime nella tormenta

Il messinese vince il suo primo Giro d'Italia vincendo anche la tappa regina nella bufera. Al traguardo solitario con un'impresa epica sulle Dolomiti

Nibali da leggenda domina le Tre Cime nella tormenta

Nella tormenta di neve. Sotto le Tre Cime di Lavaredo. In maglia rosa. Una scena che entra di diritto nell'epica del ciclismo e riscatta un po' l'orgoglio di uno sport macchiato dall'ultima tragicomica vicenda di doping con protagonista Danilo Di Luca, l'irriducibile dell'aiutino chimico. Vincenzo Nibali si prende così il primo Giro d'Italia della sua carriera. Nella bufera, con la colonnina del termometro inchiodata allo zero, staccando tutti i suoi avversari (comunque già abbondantemente lontani in classifica, a oltre 4') con un allungo deciso ai due chilometri dalla vetta. La prima volta la pattuglia dei colombiani terribili riesce a resistergli in scia, con Rigoberto Uran e Carlos Betancur alleati ma con interessi diversi (il podio per il primo, la maglia bianca per il secondo). Ma la seconda rasoiata fa il vuoto, lo «Squalo dello Stretto», quest'anno alla corte della Astana di Vinokourov, scappa in solitudine e vola verso il traguardo a 2.304 metri, la cima Coppi della corsa dopo l'annullamento della tappa di ieri con il passo Gavia.

È il bis di tappe per Nibali dopo l'affermazione nella cronoscalata di Polsa (e con la tappa di Bardonecchia lasciata con intelligenza a Santambrogio senza combattere allo sprint). Il sigillo su una corsa perfetta che consacra il messinese come campione totale e nuovo faro del ciclismo italiano, già dominatore in questo 2013 da favola di Tirreno-Adriatico e Giro del Trentino. Il successo alla Vuelta di Spagna e i podi al Tour e al Giro del passato recente oggi sono nobilitati da un successo pesante che l'anno prossimo, come si augurano i kazaki che lo hanno ingaggiato a suon di milioni di euro, va completato puntando al Tour de France.

La gioia di Vincenzo è grande all'arrivo: «Grazie alle persone che mi hanno aspettato in vetta e all'organizzazione che ci ha permesso di arrivare qui - racconta ai microfoni -. Avevo paura che qualcuno scivolasse, nel tratto finale. All'arrivo mi sono girato e ho baciato la fede, il mio ultimo pensiero prima di tagliare il traguardo è andato a mia moglie Rachele. Volevo dimostrare di esserci sempre e di poter combattere fino alla fine».

Domani resta solo la passerella di Brescia, con volata che Mark Cavendish ha aspettato pazientemente nella bufera e sulle salite alpine.

In classifica generale Uran, il colonnello del ritirato Wiggins, scavalca Cadel Evans che comunque lotta come un leone e a 36 anni suonati lascia ai piedi del podio Michele Scarponi, penalizzato dal freddo. E l'altro colombiano Betancur scippa la maglia bianca al polacco Rafal Majka.

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