"Noi a Parigi dopo tre finali col sogno olimpico nel cuore". Intervista a Ferdinando De Giorgi

Il ct dell'Italvolley: "Arriviamo all'appuntamento forti di un gruppo giovane. Obiettivo: onorare la maglia azzurra"

"Noi a Parigi dopo tre finali col sogno olimpico nel cuore". Intervista a Ferdinando De Giorgi
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«Quando gli italiani si emozionano sanno fare cose che nessun altro al mondo sa fare». Parlava così Ferdinando Fefé De Giorgi a fine estate 2021, quando veniva ricevuto con la nazionale al Quirinale dopo il successo nell'Europeo, all'esordio sulla panchina azzurra. Da allora la sua Italvolley maschile si è emozionata e ha emozionato, conquistando un Mondiale e un argento all'Europeo. Sensazioni che il coach azzurro e i suoi ragazzi sognano di rivivere tra qualche giorno a Parigi, dove la nazionale darà l'assalto all'unico titolo che ancora manca nella bacheca del nostro volley.

Dal post Tokyo a Parigi: tre anni intensi da ct.

«Abbiamo iniziato il progetto Noi Italia' con due punti cardine: rimettere al centro la maglia azzurra e valorizzare il nostro movimento giovanile. Arriviamo alle Olimpiadi dopo aver giocato tre finali, con un gruppo che è sempre stato tra i più giovani nelle manifestazioni che abbiamo disputato. Anche a Parigi sarà così, ed è motivo di grande soddisfazione».

Nel calcio che fa flop si dà la colpa alla scomparsa del talento e ai giovani che non giocano più. Eppure, nella pallavolo, quelli bravi ci sono eccome...

«Ai giovani va data fiducia, intesa come opportunità concreta e sostegno attraverso progetti coerenti e strutturati, che possano permettere loro di esprimere quelle doti di entusiasmo e intraprendenza che vanno a compensare la mancanza di esperienza. Accettando anche gli errori: se vuoi imparare, devi poter sbagliare, senza sentirti giudicato e limitando così le tue capacità. Far crescere i giovani significa far crescere tutto il movimento».

Volley e pallanuoto unici sport di squadra azzurri a Parigi: dove sono finite le altre nazionali?

«Come movimento siamo fieri del nostro percorso, che ci ha visti sempre presenti a partire dal 1976. Per il calcio i Giochi probabilmente non sono una priorità, anche per gli stessi atleti che non vivono questa manifestazione come quelli di altri sport. Per il basket, invece, la competizione è sempre altissima e i posti a disposizione sono davvero pochi».

Per lei un ritorno a cinque cerchi dopo Seul '88.

«Sto vivendo le stesse emozioni provate quando ho disputato il Mondiale da ct, dopo quelli giocati e vinti da giocatore. Essere all'Olimpiade è una soddisfazione unica, il massimo per uno sportivo. Ed è quasi un segno del destino pensare che rivivrò questa esperienza da collega di Julio Velasco, al quale sono profondamente legato dai momenti straordinari vissuti insieme nel corso della mia carriera».

Al nostro volley manca solo l'oro olimpico: a Parigi avrete un girone di ferro.

«Ai Giochi ci sono solo dodici squadre, quindi sappiamo di doverci misurare con l'élite mondiale. È un torneo breve, bisogna essere subito pronti perché le partite a disposizione sono poche. Da questo punto di vista, affrontare avversari come Brasile e Polonia nel girone ci permetterà di entrare immediatamente nel vivo della competizione. Vogliamo lottare per le medaglie, ma il fatto che nessuna delle nostre nazionali sia mai riuscita a centrare il titolo olimpico non ci mette pressione, perché fin dall'inizio del nostro percorso abbiamo cercato di scrivere la nostra storia, a prescindere da quanto fatto da chi ci ha preceduto».

La ricetta per l'oro?

«A questi livelli è praticamente impossibile arrivare in fondo a un torneo esprimendosi sempre al massimo.

Per questo dico sempre che si vince coi difetti, piuttosto che con la perfezione: è la capacità di saper stare in campo quando le cose si complicano che fa la differenza. Essere squadra significa questo: vince chi ha la forza di resistere nei momenti difficili, chi reagisce meglio alle avversità».

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