Un padre può essere «assente» e, allo stesso tempo, «ingombrante»? La risposta è sì se pensiamo al rapporto controverso fra Marcell Jacobs e suo padre Lamont: trent'anni di vuoto riempito dal nulla, o quasi; almeno fino a ieri, quando è scattata l'ora X della riconciliazione; nel giorno del Ringraziamento, cornice perfetta. Una pace festeggiata da Marcell (che come primo nome ha quello del papà) con una foto postata sui social. Lo scatto non immortala baci o abbracci, ma quel sorriso tra padre e figlio, suggellato dalla presenza del piccolo Anthony (uno dei tre figli dello sprinter azzurro), significa molto al pari della scritta «Three Jacobs's generation». Marcell ha sempre sopportato coraggiosamente la mancanza del padre che per la carriera militare abbandonò la famiglia quando quello che sarebbe diventato uno tra gli uomini più veloci al mondo era ancora bambino. Perfino l'ex mental coach di Marcell una volta sottolineò come «quella fondamentale figura mancante abbia inciso sulle performance dell'atleta». Nel bene come nel male. Ed essersi riappropriato, se pur in età adulta, del genitore che rappresentava un buco nero nell'anima ha entusiasmato Marcell: «Bello ritrovarsi». E rischiacciare il tasto play rimasto in stand by. Ne è convinta anche la madre dell'olimpionico che per anni ha lavorato sottotraccia per far sì che la fune spezzata tra Marcell e papà Lamont potesse riannodarsi. Soffocando per sempre antichi dolori giovanili: «Chi è tuo papà, mi chiedevano gli amici. Non esiste, rispondevo, so a malapena che porto il suo nome. Per anni ho alzato un muro. E quando mio padre provava a contattarmi, me ne fregavo». Ma ora la guerra si è trasformata in una pace rigogliosa di prospettive per far germogliare semi d'amore rimasti secchi troppo a lungo.
Chissà se la stessa riconciliazione potrà avvenire fra Gimbo Tamberi e il papà, ex coach super esigente. Gli «stop and go» sono stati parecchi, difficile che i due possano ricucire un rapporto ormai logoro. Nella sua ultima intervista, Tamberi ha affermato: «Non avere più rapporti con mio padre lo considero un fallimento. Dopo tutto quello che è successo è molto difficile perdonarsi». Parole sofferte. Ma il tempo può fare miracoli, quindi non è escluso che in futuro Gimbo possa riabilitare il papà-coach «tiranno» proprio come è accaduto a una coppia di campionissimi del tennis del calibro di Andre Agassi e Steffi Graf protagonisti con i rispettivi papà-allenatori di aspre conflittualità. Papà «padroni» malati di «campionismo» e figli ribelli a caccia di emancipazione umana e sportiva: «Non volevo i suoi consigli - ha rivelato Agassi -, eppure papà ha predetto esattamente il mio futuro: quando avevo 5 anni mi disse che avrei vinto Wimbledon, a 7 che avrei conquistato tutti gli Slam e a 29 anni che avrei sposato Steffi.
Le ha azzeccate tutte e continua a dirmi cosa fare». Anche la Graf, dopo una vita agonistica di scontri «paterni» in campo e fuori, ha dovuto ammettere: «Senza di lui non sarei mai diventata quella che sono». Una frase che vale più di mille «grazie, papà».
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