Goran Pandev è ormai un veterano del calcio mondiale e soprattutto di quello italiano dato che ha legato la sua carriera, quasi per intero, alla Serie A. L’Inter intuisce il suo grande potenziale e lo porta in Italia nel 2001 a soli 18 anni e lo aggrega alla squadra Primavera con cui vince campionato e torneo di Viareggio. L’anno successivo va a farsi le ossa in C1 allo Spezia con cui realizza 5 reti in 26 presenze complessive.
Il grande salto, però, avviene nel 2003-2004 dove fa il suo esordio in Serie A con la maglia dell’Ancona. Il talentuoso attaccante macedone esplode poi in via definitiva alla Lazio dall’anno successivo: in cinque anni e mezzo in biancoceleste gioca 191 partite complessive realizzando la bellezza di 64 reti e sfornando una serie infinita di assist.
La storia d’amore con la Lazio finisce male e nel gennaio del 2010 Mourinho lo richiede espressamente all’Inter dove Pandev risulta decisivo nella conquista del Triplete nerazzurro giocando sei partite su sette della fase finale della Champions League. In nerazzurro resta solo un anno e mezzo gioca 69 partite e segna 8 reti la maggior parte delle quali decisive ma a nell’esta del del 2012 passa al Napoli dove vi resta tre anni. La stagione al Galatasaray, nel 2004-2005 è solo transitoria e l’anno seguente torna in Serie A tra le fila del Genoa, sua attuale squadra con cui finora ha messo insieme 123 presenze e 23 reti per un totale di 169 gol segnati in carriera, 135 con i club e 34 con la nazionale macedone di cui ne è anche capitano.
In esclusiva per ilgiornale.it, Pandev ha ripercorso i suoi felici trascorsi all’Inter, ha ricordato uno dei suoi grandi mentori come José Mourinho, ha parlato di Genoa, della situazione attuale del calcio in questo delicato momento per via della pandemia da coronavirus che ha colpito l’Italia e il mondo intero e tanto altro ancora:
Goran, sei risultato importante nella conquista del Triplete dell’Inter arrivando a gennaio: è stata l’emozione più forte della tua carriera?
“Sicuramente sì, vincere la Champions League è il sogno di qualunque calciatore, e conquistarla insieme alla Serie A e alla Coppa Italia è stato ancora più indimenticabile. Abbiamo fatto qualcosa che difficilmente verrà ripetuto da qualcun altro”.
Hai avuto qualche rimpianto per essere rimasto in nerazzurro solo un anno e mezzo?
“Ringrazierò sempre l’Inter, che è stato il club che mi ha portato in Italia e mi ha fatto diventare uomo. La mia esperienza in nerazzurro è stata fantastica, ma anche al Napoli ho passato grandi momenti, così alla Lazio, dove ho iniziato a farmi conoscere e apprezzare in Italia, la società che mi ha fatto esplodere. Non ho rimpianti per la mia carriera. E poi la carriera non è ancora finita, vogliamo conquistare la salvezza con il Genoa, amo questa maglia, i suoi tifosi e tutta la città mi hanno subito accolto con affetto spontaneo e sincero, qualcosa che li rende unici. L’ho già detto resta fondamentale per me un altro obiettivo, andare con la Macedonia a Euro 2021. Dopo si vedrà”.
Che tipo di allenatore era Mourinho? Puoi dire che è il migliore da cui sei stato allenato?
“Mourinho è stato come un padre. Ha creato un gruppo davvero unito che ci ha portati alla vittoria. Anche tatticamente è molto preparato. Sicuramente è uno dei più grandi, ma ho avuto molti tecnici bravissimi nel corso degli anni”.
Ci racconti qualche aneddoto particolare sul tecnico portoghese?
“Mi piace sempre ricordare la vicenda del mio gol su punizione nel derby. Doveva sostituirmi perché eravamo con un uomo in meno, ma poi abbiamo conquistato una punizione e mi ha detto di battere. Dopo che ho segnato ha detto che era merito suo, perché se mi avesse tolto non avremmo fatto gol”
Recentemente Bojan ha sminuito la vittoria dell’Inter tornando alla semifinale di ritorno giocata al Camp Nou: cosa ti senti di dire al tuo collega spagnolo?
“Non penso di dover rispondere io, sanno tutti della grande partita di sacrificio che abbiamo giocato al Camp Nou…”
Ci fai un ritratto di Massimo Moratti?
“Potrei dire mille cose, mi limito a due semplici parole che credo riassumano almeno in parte il Presidente: generosità e passione “
Sei al Genoa da 5 anni, hai eguagliato il tuo record di stagioni della Lazio. Che rapporto hai con i tifosi rossoblù e chiuderai qui la carriera?
“I tifosi del Genoa sono fantastici, ringrazio il Presidente che ha creduto e crede in me. A Genova mi trovo benissimo e voglio chiudere la mia carriera qui. Sogno di farlo con tutto lo stadio pieno. Sono contento di questi cinque anni insieme, con la mia famiglia stiamo pensando di restare qui anche quando avrò smesso”.
Differenze tra i derby di Milano Roma quello della Lanterna?
“Sono tutte partite bellissime. A Milano, quando giocavo nell’Inter, il derby era una partita che poteva decidere il campionato, perciò il risultato era fondamentale. A Roma e a Genova è la partita più sentita dell’anno, ogni volta che scendo in campo nel derby della Lanterna e vedo i nostri tifosi mi emoziono come la prima volta”.
Capitolo coronavirus: pensi sia stato giusto decidere di tornare in campo?
“Il calcio può dare un segnale forte a tutto il paese che ha voglia di ripartire. Affidandosi alle direttive degli esperti che rendono più sicuro allenarsi e giocare, credo che sia giusto riprendere”.
Come stai fisicamente e psicologicamente e come hai vissuto questi mesi di isolamento forzato? Ti senti pronto per giocare?
“Mi sento bene. Durante il lockdown sono stato con la mia famiglia e mi sono allenato in casa come i miei compagni. Adesso abbiamo ripreso le sessioni da un mese, siamo pronti”
Hai paura di un possibile contagio?
“Credo che sia giusto essere sempre attenti e seguire i protocolli, in questo modo il rischio di contagio è più basso. Non bisogna avere paura, ma avere coscienza della situazione.
Il Genoa ce la farà a salvarsi?
“Siamo un gruppo forte e unito. Prima dello stop abbiamo dimostrato il nostro valore. Daremo sicuramente il massimo e diremo la nostra nella lotta salvezza”.
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