PyeongChang - Se la felicità ha quasi sempre il sorriso in volto, la delusione può avere tante facce. C'è quella stupita di Mikaela Shiffrin, che non ha ancora imparato a gestire la modalità sconfitta, c'è quella da bravo padre di famiglia di Peter Fill, che mostra soprattutto rassegnazione, o quella scura e inavvicinabile di Dominik Paris. Sul bel viso di Christof Innerhofer c'è invece un miscuglio di tutto ciò: stupore, rassegnazione e rabbia. Chi più chi meno, questi atleti ieri hanno subito sconfitte pesanti. Ma andiamo con ordine, cominciando da Peter, che ha abbandonato il parterre con un filo di nostalgia pensando forse che la sua terza e ultima gara coreana, il superG concluso a bordo pista dopo aver saltato una porta, sia stata l'ultimo assalto alle medaglie olimpiche della carriera. Sarà difficile per lui arrivare a Pechino quarantenne, tanto più con gli acciacchi che si danno il cambio nel dargli fastidio, perché quando la schiena va meglio ecco che si fa vivo il ginocchio, e quando passerà quello magari ci sarà qualcos'altro.
Ecco poi Paris, nei cui passi pesanti mentre abbandona il parterre si coglie una rabbia impotente: «Su questa pista non si doveva sbagliare nulla, io invece l'ho fatto, e un quarto posto non mi basta, perché a questi Giochi non ero venuto per fare esperienza». Sottinteso: volevo una medaglia. Mancata, da lui e dagli altri uomini jet azzurri che pure da anni sono protagonisti assoluti in coppa del mondo. E la lente di ingrandimento punta ora su Christof Innerhofer, che se ne va a testa bassa e con qualche dubbio, anche se a sua parziale giustificazione c'è una buona dose di sfortuna con i numeri, soprattutto in discesa il 18 non gli ha dato nessuna chance di fare risultato. Inner ha sciato fin troppo bene in questi giorni, peccato che su certe nevi la sua precisione non paghi e, anzi, lo faccia arrivare al traguardo convinto di aver fatto il capolavoro quando invece gli altri sono stati molto più veloci di lui. Per la cronaca, il podio del superG di ieri è stato per due terzi uguale a quello della discesa, con Jansrud e Feuz a scambiarsi posizioni da valletti del re, ruolo che da Svindal è passato a Matthias Mayer, secondo oro austriaco dopo Hirscher.
Le gare veloci maschili sono dunque archiviate, si volta pagina e il bilancio azzurro come detto non è positivo, anche se Paris e Fill hanno raccolto tre piazzamenti più che onorevoli, un quarto e un settimo posto Dominik, un sesto Peter, ma, inutile ripeterlo, ai Giochi è bello giocare solo con le medaglie al collo e quindi tutti a casa a capire cosa non ha funzionato e come rimediare per il futuro. La stessa cosa dice di voler fare Mikaela Shiffrin, e siamo passati a parlare dello slalom femminile che ieri ha sorriso all'algida Frida Hansdotter, oro davanti alla solare Wendy Holdener e alla sorpresa austriaca Gallhuber, con l'americana quarta e molto più lucida nell'analizzare la sua giornata che a scendere fra i pali rossi e blu: «Sono più delusa da come ho sciato che dal quarto posto, è vero, prima del via ho vomitato, ma non per un virus, a farmi stare male è stato lo stress mentale, i miei nervi hanno ceduto. Tutti da me si aspettano sempre molto, ma sono stata io a schiacciarmi da sola.
Non credo di essere presuntuosa se dico di sentirmi la miglior slalomista del mondo, ma oggi non ho nemmeno avvicinato il mio livello e alla fine quel che conta è il risultato e io non l'ho ottenuto. Mi sento come se mi avessero spezzato il cuore, sto male, ma forse un giorno imparerò che perdere fa parte della vita». Nel paese dei robot, benvenuta fra gli umani!
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