Le due glorie di Recco il Caimano Eraldo Pizzo (DOCG) e la focaccia col formaggio (IGP). Per gli ottant'anni di uno dei più grandi atleti italiani si ritroveranno insieme stasera a Punta Sant'Anna, con giocatori e adepti della Santa Waterpolo. Eraldo sembra sempre lo stesso, nel suo caso è vero che l'acqua allunga la vita. «Non parlarmene, ieri ho avuto un piccolo incidente alla schiena, sempre nello stesso punto dell'infortunio di Città del Messico 1968. Sciocchezze in fondo, non ho nulla di cui lamentarmi». A ottant'anni segue ancora la Pro Recco pallanuoto da vice-presidente. È la sua vita, icona ora, leader in vasca: 14 scudetti, una Coppa Italia e una Coppa dei Campioni dal 1959 al 1974. Ciliegina l'oro olimpico del 1960. I bilanci non finiscono mai «ma il mio è buono sotto ogni profilo, famiglia, sport, di più non avrei potuto pretendere. Sono sempre andato al massimo».
Rimanendo con Vasco, accenni di vita spericolata. «Da giovane ero una testa calda, un birichino. La mia fortuna è che ho trovato mia moglie Anna, 64 anni che sto con lei. Adesso siamo vecchiett». Già che siamo in tema, vediamo se c'è qualcosa da non rifare. «Ho buttato in mare la mia prima medaglia d'oro. Mi ero offeso». Offeso? «Allora ero negli allievi e c'era questa regola: se giocavi tre volte in prima squadra non tornavi con i ragazzi. Gli allievi vinsero il torneo ma io non c'ero. Mi diedero comunque la medaglia. L'ho tirata in acqua. Poi mi sono pentito e sono andato a cercarla, ma non l'ho più trovata. È l'unica che mi manca».
L'acqua, la sua vita. Eppure cominciò timidamente. «Da bambino muovevo le mani in mezzo metro d'acqua. A 13 anni ho cominciato a giocare e ho smesso dopo 32». Ha vinto tutto, da giocatore e da dirigente. «In acqua mi trovavo bene. A terra, una frana. A volte mi dicono: ah, se tu avessi giocato a calcio. Si riferiscono a quello che avrei guadagnato. Ma non avrei combinato nulla e soldi non ne avrei. Niente neanche dalla pallanuoto, eh, ma almeno mi sono divertito».
Esordio a 13 anni, derby con il Camogli. «E subito gol». «Giocavamo nel porto di Camogli, nella parte più riparata, perché c'era bulesume». Bulesume è il mare a metà tra calmo e grosso. Mosso. Il momento magico a Trieste, il primo scudetto, 1959. «Un'impresa ancora oggi insuperata. Secondo me non è accaduto nulla di simile nella storia dello sport: sette ragazzini di 20 anni, tutti di un paese di seimila abitanti, raso al suolo durante la Seconda Guerra Mondiale, vincono un titolo inatteso e cominciano un'epopea storica». Meglio dell'Olimpiade? «Sì, perché lo scudetto era di Recco, era nostro». Un intero paese in trasferta, molti in Vespa. Il racconto regala i brividi di una favola. Il Recco ora domina grazie alla potenza del patron Volpi. «Però anche chi viene da fuori sente di appartenere a una storia, è orgoglioso di mettere questa calottina, avverte il legame con il passato». Per far crescere ancora di più il vivaio ci vorrebbe l'agognata piscina. «Quando vedrò una squadra di operai al lavoro ci crederò».
Eraldo è zeneise, carattere schivo, riservato, quando concede la sua amicizia si creano rapporti speciali. «Con Dino Zoff ci sentiamo spesso. Con Gigi Buffon ci scambiamo tanti sms. Dopo Madrid mi ha detto: mi sa che tu eri un po' come me. È un ragazzo fantastico e molto corretto: a uno così un momento di rabbia si può perdonare». Però, tra i grandi assiomi del Caimano c'è questo: l'arbitro devi metterlo in condizione di non nuocere. «Se sbaglia, faglielo notare in privato. Lo apprezzerà. Una scenata in pubblico, se la legherà al dito». Pura saggezza. Girano tante leggende sul suo soprannome. «Andò così. In mare l'arbitro stava su una barca e a controllare tutto faceva fatica. Quando fischiava ti dovevi fermare dov'eri.
Io, invece, avanzavo piano piano con gli occhi a pelo d'acqua. Il portiere mi disse Guarda che ti vedo, sembri un caimano. Eh, ormai del caimano c'è poco». C'è questo: lo sport nella sua essenza più vera. Happy Birthday, Caimano.
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