Platini porta la coppa in Italia: "E adesso costruite gli stadi"

"Al vostro calcio per tornare in alto mancano soprattutto gli impianti". E avverte la Juve: "La finale è in casa, ma la promozione non è scontata"

Michel Platini consegna il trofeo dell'Europa league al sindaco Piero Fassino
Michel Platini consegna il trofeo dell'Europa league al sindaco Piero Fassino

Torino - In quella che Guido Gozzano aveva definito la “casa dei secoli”, la città di Torino ha ricevuto ieri il trofeo Uefa Europa League. Palazzo Madama, piazza Castello: il sindaco Piero Fassino con tanto di fascia tricolore, il presidente dell'Uefa Michel Platini, quello della Figc Giancarlo Abete e i rappresentanti del Chelsea ovvero della squadra detentrice del trofeo. La sera del 14 maggio, allo Juventus Stadium, si conoscerà il nome della squadra che iscriverà il proprio nome nell'albo d'oro: la Juve, padrona di casa che avrebbe volentieri evitato di esserlo perché certo le sue aspirazioni erano volte alla Champions, dovrà prima superare l'ostacolo Benfica, mentre dall'altro lato del tabellone se la vedranno le spagnole Siviglia e Valencia. «Io sono neutrale per forza di cose, direi quasi svizzero - ha scherzato Platini, facendo cenno ai suoi trascorsi bianconeri -. Se vincesse la Juve? Proverei un pizzico di emozione in più, sicuro». La strada è però ancora sufficientemente lunga e complicata visto il valore dei portoghesi, lo scorso anno sconfitti al termine di una finale drammatica decisa in pieno recupero da un colpo di testa di Ivanovic: «Giocheremmo in casa, speriamo di farcela», ha abbozzato Fassino. «Suggerisco al sindaco di andarci piano - lo ha ripreso bonariamente Platini -. Nel 2010 Amburgo era sede della finale, ma la sua squadra venne eliminata proprio al penultimo atto della manifestazione». Guarda caso dal Fulham, ovvero dalla squadra che in precedenza aveva fatto fuori proprio la Signora di Zaccheroni, diventata adesso la prima squadra italiana a raggiungere le semifinali della seconda manifestazione continentale dopo 6 anni.

Siccome però per tutti l'Europa League è ancora la vecchia “Uefa”, ecco che persino Abete ha scelto di mostrare i (pochi) muscoli spiegando che «l'Italia ne ha finora vinte nove e nessuno ha fatto come noi: Spagna e Inghilterra sono ferme a sette, la Germania a sei». Tutti sul carro della Juventus, ecco. Con Ciro Ferrara, ambasciatore della manifestazione e vincitore dell'Uefa ai tempi del Napoli di Maradona, che prima si è scusato con i tifosi bianconeri «perché sono stato io a determinare l'accoppiamento con il Benfica», salvo poi fare un passo in più spiegando che «in caso di passaggio del turno, c'è da aspettarsi una finale più morbida».

Si vedrà. «Questa è la coppa del cuore dell'Europa - ha aggiunto Platini, che da bianconero ha disputato quattro coppe dei Campioni e una coppa delle Coppe -. Possono sognare di vincerla in tanti, mentre la Champions propone come favorite più o meno sempre le stesse squadre». Gira e rigira si torna sempre a parlare della coppa dalle grandi orecchie, dolce ossessione per chiunque giochi a calcio: questa invece non ha “manici”, pesa 15 chili (argento, su marmo giallo), misura 65 centimetri di altezza, 33 di larghezza e 23 di profondità. Marotta se l'è comunque coccolata con lo sguardo («vincerla ci riporterebbe agli antichi fasti»), Andrea Agnelli no perché trattenuto all'estero da impegni di lavoro, mentre il presidente del Toro Urbano Cairo - arrivato in extremis e anzi un pizzico dopo - le si è avvicinato con il sorriso sornione di chi magari dalla giornata di ieri ha voluto trarre forza per convincere ancor più i suoi giocatori della possibilità di acchiappare davvero un posto in Europa nello sprint verso la sesta piazza in classifica.

Mercoledì 14 maggio, insomma, Torino sarà al centro del calcio europeo.

Con o senza la Juventus in campo («saremo totalmente soddisfatti solo se solleveremo la coppa: abbiamo la volontà e la determinazione per poterci regalare questa soddisfazione», il parere di Marotta), ma grazie allo stadio della Juventus: «Cosa manca all'Italia per tornare in alto? Gli impianti», ha chiuso Platini. Sorridente, sornione e pungente come quando anestetizzava chiunque provasse a portargli via il pallone: una magia e via. Verso la porta avversaria. Spesso - quasi sempre - con successo.

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