Va bene tutto. Ma le lezioncine di filosofia morale dalla Corea del Sud, proprio no. E poi, su cosa? Etica tragicomica? La vicenda ruota infatti su un presunto (così presunto da essere inesistente) «insulto razzista» (raz-zi-sta!) che un giocatore del Como è accusato ingiustamente di aver rivolto a un suo collega del Wolverhampton (club che milita in Premier League), tale Hwang Hee-chan, 28 anni, attaccante della nazionale sudcoreana. Accade che giorni fa, durante un'amichevole (non tanto «amichevole» considerato che in campo è volato qualche cazzotto, ma questa è un'altra storia) tra la squadra inglese e quella italiana, il calciatore «incriminato» del Como si è rivolto a un suo compagno di squadra (che un attimo prima aveva subìto un fallo «acrobatico» da Hwang Hee-chan) con le seguenti parole: «ignoralo, quello lì si crede Jackie Chan...». Per i profani cinematografici del genere «arti marziali», ricordiamo che Jackie Chan (pseudonimo di Chan Kong-Sang), oggi 70enne, hongkonghese, è stato uno dei più famosi attori al mondo di action movie orientali, con oltre 200 film, ammirato sia per le doti di interprete sia per le qualità atletiche; un mix di talento che ne ha fatto nel suo paese il miglior ambasciatore olimpico con tanto di fiaccola portata in occasione della scorsa edizione dei Giochi; insomma, un uomo di spettacolo e di sport al massimo grado. Essere quindi paragonato a Jackie Chan può considerarsi un complimento, altro che insulto...
Allora come mai è esploso un «caso» che ha portato addirittura la Federcalcio della Corea del Sud (paese che non brilla certo per rispetto dei diritti umani) a presentare un reclamo alla Fifa contro il Como Calcio? La lettera dei sudcoreani entra in tackle duro: «Questa Federazione esprime seria preoccupazione per gli atti razzisti subiti da Hwang Hee-chan. Chiediamo di sradicare il razzismo sul campo di calcio». In tre righe la parola «razzismo» viene citata ben due volte.
Il razzismo (quello vero) è una brutta bestia, ma tirarlo in ballo a sproposito fa proprio il gioco dei razzisti (quelli veri). Ma tant'è. Ormai il politicamente corretto è riuscito nell'impresa di non sapere (o volere) più distinguere tra parole davvero razziste e parole semplicemente opinabili in base a singole sensibilità o culture.
Ultimo dettaglio: Hwang Hee-chan viene amichevolmente chiamato dai compagni del Wolverhampton col diminutivo di «Channy», proprio lo stesso nomignolo di Jackie Chan sul set.La Federazione sudcoreana farà reclamo alla Fifa anche contro il Wolverhampton?
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