La cosa incredibile è che per cinque mesi hanno tenuto tutto top secret per non creare turbative inutili. Tutto secretato, per verificare la prima positività (10 marzo, Indian Wells), poi la seconda (18 marzo, ancora metabolita del clostebol nelle urine). Poi le due sospensioni (4-5 aprile; 17-20 aprile), alle quali Sinner ha fatto appello immediato ottenendo un'altrettanta revoca immediata. Tutto questo è stato possibile perché il tribunale indipendente, che ha poi giudicato il caso, ha ritenuto credibili, plausibili e veritiere le spiegazioni dei fatti che hanno portato la positività dell'atleta. A questo possiamo anche aggiungere ciò che Sandro Donati sostiene senza se e senza ma: il Clostebol nella lista Wada non ci dovrebbe essere. Ma torniamo alla cosa incredibile: alla riservatezza, alla tutela dell'atleta e al rispetto fino a prova contraria. In un'azione di prolessi eccoci a Flushing Meadows, New York: Jannik Sinner è osannato all'Arthur Ashe per aver appena conquistato l'Us Open. Il mondo celebra il tennista più talentuoso del pianeta. Tutti sono ai suoi piedi, ma sulla sua testa pende la spada di Damocle della Wada, pronta a impugnare una sentenza giusta, per una positività infinitesimale di una sostanza considerata banale. Sandro Donati è stato chiaro: questo non è doping, ma si deve lavorare non per Sinner, ma per quanti non sono stati trattati come lui. Eravamo rimasti a Flushing Meadows in tripudio. Ora però, qui fuori, c'è la bagarre mediatica. E ce n'è tanta, molto più di quella che ci sarebbe stata se la positività a Jannik fosse stata annunciata a marzo. Tanto silenzio per nulla, potremmo dire.
Oggi regna davvero il caos, il grande caos, che non ha nulla di spaziale o cosmico, ma ci richiama solo ad uno stato abituale nel quale si muove e alberga chi dovrebbe invece garantire pene certe e uniformi. Sandro Donati si oppone alle positività causate da semplici strette di mano. Noi speriamo che questa vicenda possa chiudersi proprio così. Con qualche precauzione: un po' di Amuchina, non si sa mai.
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