Le immagini dei trionfi scorrono ed emozionano tutti, tutti tranne lui, che non guarda nemmeno lo schermo, ma ne approfitta per ripassare gli appunti presi su un foglietto. Armin Zoeggeler sembra una statua, impeccabile nella divisa da maresciallo dei Carabinieri. Si guarda attorno nella saletta strapiena e si prepara all'ultima prestazione della sua carriera da atleta. «Vi ringrazio per essere qui, voglio fare chiarezza su mio futuro. Avevo preso la decisione di ritirarmi già al termine dell'olimpiade a febbraio, ma volevo essere sicuro che non fosse dettata dall'emozione del momento. Per questo ho preso qualche mese per riflettere ancora e per parlarne con tutti i miei cari e le persone che hanno sempre lavorato con me. Alla fine però ho deciso seguendo il mio istinto: è arrivato il momento giusto per ritirarmi».
Dopo sei medaglie olimpiche in sei olimpiadi consecutive (due ori, nel 2002 e 2006) dopo 10 coppe del mondo, sei ori mondiali e quattro europei, dopo una serie di vittorie impressionante che negli ultimi vent'anni hanno portato uno sport di nicchia come lo slittino sulle prime pagine dei giornali italiani, Armin Zoeggeler si conferma un campione, un grande uomo. Sempre uguale a se stesso, dal giorno in cui si fece conoscere con il bronzo olimpico di Lillehammer (era il 1994) all'ultima esibizione di Sochi, ancora bronzo a 40 anni. Silenzioso e determinato allora, silenzioso e determinato oggi, quando non spreca una parola per rispondere alle domande che cercano di cogliere le sue emozioni del momento. Che sono forti, perché quando tocca ai ringraziamenti Armin deve fare una pausa e abbassare lo sguardo sugli appunti. Gli tocca anche ripetere tutto in tedesco («e farò ancora più fatica che in italiano!»), perché a Milano, per lui, è arrivato un giornalista dalla Germania, cui non sembrerà vero poter annunciare l'addio all'agonismo dell'uomo che negli ultimi 20 anni ha privato il suo Paese di medaglie e titoli preziosi. Ma non finisce qui, no, Felix Loch e compagnia se lo troveranno ancora a bordo pista, perché Armin ha già pronto il suo futuro: sarà responsabile dello sviluppo e della ricerca scientifica degli slittini per conto della federazione e del Coni. A rappresentare il Comitato olimpico nazionale ieri a Milano, il vice segretario generale Carlo Mornati, che dopo aver definito Armin Zoeggeler «il nostro più grande atleta di tutti i tempi», ne esalta «bravura, freddezza e lucidità nel sapere dire basta all'apice della carriera, come pochi atleti riescono a fare». Mornati racconta poi come il nuovo Armin sia uguale al vecchio: «Al 30 agosto era già pronto con la lista dei lavori necessari per la prossima stagione, dimostrandosi, anche nel ruolo di tecnico, preciso e determinato come lo era da atleta».
E allora, riviviamo ancora una volta la storia di questo fenomeno che cominciò ad andare in slitta da bambino, tragitto casa-scuola, uno spasso all'andata, un po' meno al ritorno quando toccava la salita, arrivato e rimasto al vertici mondiali «grazie soprattutto alla passione, che non mi ha mai fatto pesare un allenamento o una levataccia». Rammarichi? «Non essere riuscito a salire sempre sul podio ai mondiali, come all'olimpiade». La vittoria più bella? «Torino 2006». Emozioni? «Grande quella di portare la bandiera tricolore a Sochi, rivissuta anche a casa con la famiglia davanti alla televisione». Obiettivi? «Aiutare gli atleti italiani a salire su tanti altri podi importanti». E a chi cerca la polemica chiedendogli della chiusura della pista olimpica di Cesana Armin risponde da signore: «Sarebbe meglio averla, ma io fino al 2006 ho vinto tanto senza avere una pista in casa, vuol dire che si può fare».
Ha proprio ragione Flavio Roda, presidente della federazione italiana sport invernali: «La correttezza sportiva e la lealtà dell'uomo Zoeggeler sono ancora più importanti di tutte le sue medaglie». E hanno anche il vantaggio di non impolverarsi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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