Nella singolar tenzone contro i calendari, Maurizio Sarri ha messo nel mirino anche l'Europa League che torna oggi con un bel manipolo di squadre italiane, Milan (in Bulgaria con il Ludogorets), Lazio (a Bucarest con la Steaua) l'Atalanta (a Dortmund) e, appunto, il Napoli (con il Lipsia al San Paolo). «Manifestazione al limite della follia, giocando il giovedì sera si rientra in campo dopo 60 ore. La Lega non ci aiuta. Uno stress pazzesco, ma è la seconda competizione europea. Ora pensiamo soltanto alla partita. Certo lo stress potrebbe aumentare nel prosieguo».
Parlando di Europa League non si può fare a meno di partire da questo fastidio che, calendario sì, calendario no, riguarda un po' tutte le squadre italiane. Noi, senza governo in Lega Serie A, in Federcalcio, con i diritti tv del campionato ceduti all'estero, con la Nazionale fuori dal Mondiale dopo sessant'anni, ci permettiamo di fare gli snob.
Dopo le parole, il fastidio nei fatti. Dal 1989 al 1999, anno in cui fu disputata l'ultima edizione - poi si fuse con la coppa delle Coppe - le squadre italiane vinsero otto volte la coppa Uefa, con cinque finali-derby, e atre due finaliste. Un dominio assoluto. Certo, andavamo forte anche nella coppa dei Campioni-Champions League. Andavamo forte in tutto, dando calci al pallone.
Però nella competizione maggiore, nel Terzo Millennio, qualcosa abbiamo raccolto: una finale fratricida tra Milan (coppa ai rigori) e Juventus nel 2003, i successi di Milan (2007) e Inter (2010) e le finali dei rossoneri (2005) e della Juventus (2015, 2017). Insomma, malgrado gli evidenti problemi del sistema calcio Italia, ci siamo applicati di più.
Nell'Europa League neanche una finale. E rare apparizioni in semifinale di Fiorentina (2 volte), Napoli (una) e Juventus (una). Gli scarsi risultati in Europa League hanno contribuito a farci retrocedere nel ranking. Il Napoli, la squadra più forte del gruppo - viene dalla Champions, domina il campionato - non lo dice apertamente, ma dalle parole di Sarri, dal turnover largo e inusuale (oltretutto Mertens è squalificato e Callejon sarà centravanti) e dal poco calore del popolo, si capisce che considera tutta la faccenda una scocciatura, un agguato sulla via dello scudetto.
La nostra sudditanza la conferma Rino Gattuso, senza Kalinic a Razgrad: «Negli ultimi anni il Ludogorets è stato in Europa più del Milan». Per la Lazio, Simone Inzaghi prepara molti avvicendamenti a casa della Steaua Bucarest: «Vogliamo riprenderci da questo periodo negativo». Europa League terapeutica.
Meno male che c'è la bella incoscienza dell'Atalanta, che entra, accompagnata da 5.000 tifosi, nella tana del Borussia Dortmund, il Westfalenstadion ribattezzato, sponsor imperat, Signal Iduna Park. Speriamo di rivedere la grinta che ha permesso ai Gasperini Boys di maramaldeggiare con Everton e Lione.
Dice il tecnico: «Una grande esperienza, avremmo voluto un avversario più morbido ma non c'è gloria senza pericolo. Cercheremo di capire fino a che punto possiamo arrivare». Chapeau. Snobbare l'Europa League avvelena anche chi non la fa. Non fatelo.
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