Quella di Sebastiano con Lewis e quella della Ferrari con la Mercedes è stata erroneamente definita una lunga partita di ping-pong in cui i due rivali in carne e d'ossa e i due fatti di pistoni e cilindri rispondevano colpo su colpo a vittorie e sconfitte reciproche. In effetti, è stato così fino a Monza, quando l'incantesimo si è spezzato e le monoposto tedesche sono d'un tratto tornate ad essere quelle dei primi quattro anni hybrid. Per cui irraggiungibili a meno di... Cioè, imprese dell'uno e disastri dell'altro.
Fatto sta, la splendida partita di ping-pong per il mondiale si è trasformata in una finale di tennis ormai già scritta con tutto il classico corollario di mutamenti psicologici e depressioni sportive che attanagliano chi sta perdendo il set cruciale. E purtroppo la Ferrari e il suo pilota di punta sono affetti da entrambe le patologie: il team è psicologicamente abbattuto perché non si capacita di aver sperperato, durante l'estate, il proprio innegabile vantaggio tecnico per colpa degli errori di Vettel, e quest'ultimo non si dà pace per aver commesso tutte quelle sciocchezze (si pensi a Hockenheim e Monza). In più, sono sportivamente depressi perché adesso, come un tennista che non è riuscito ad arrivare al tie break, vedono gli altri allungare e togliere loro troppe volte il servizio. Uno stato d'animo che spinge tutti a lavorare male. Il pilota, come ammesso da Sebastiano la settimana scorsa dopo la qualifica di Sochi («non ho spinto al massimo per non fare errori...»), e la squadra che osa nelle strategie pur di andare in cerca di un jolly. Si pensi a Singapore, due gare fa, quando la scelta delle gomme per la seconda parte della corsa era costata a Vettel il secondo posto. E si pensi a ieri a Suzuka, quando con pioggia prevista in arrivo tutti sono comunque entrati in pista per il Q3 con le slick tranne i ferraristi. Risultato: Sebastiano e Kimi sembravano due bagnanti in spiaggia con i moonboot, nono crono il primo per via di un lungo nel giro buono, quarto il finlandese. «È stata una decisione di team, su cui concordo, pensavamo che la gomma intermedia andasse bene e invece è piovuto solo all'ultimo. Se fosse successo cinque minuti prima saremmo ora degli eroi che avevano avuto un'idea geniale, invece sembriamo degli idioti» le giuste e crude parole del tedesco. A cui è seguita la rabbia ruspante di Arrivabene che ha messo da parte il fioretto che non gli si addice, quello con cui spesso si era fatto carico di responsabilità altrui perché «quando si sbaglia il colpevole sono io...» diceva, e ha imbracciato il mitra: «La pole sarebbe stata difficile, ma quanto accaduto è inaccettabile. Io non intervengo mai nelle scelte tecniche, però sono arrabbiato.
Ci sono rimasto male, siamo una squadra giovane, a volte serve un po' più di esperienza e furbizia, e togliere gli occhi dal pc per guardare la pista. Faremo i conti alla fine...». Altri conti dicono Hamilton pole n°80, Bottas subito dietro. Comunque sia un insuccesso per la Rossa. A meno di...
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