La versione zen di Massimiliano Allegri rappresenta un inedito. Perché il tecnico livornese è tipo fumantino anzi che no. Magari non sbrocca sovente davanti alle telecamere, ma un certo linguaggio del corpo ne certifica altrettanto spesso il disagio o comunque il suo non essere d'accordo con quanto lo circonda. A volte il bersaglio sono stati i suoi stessi giocatori vedi il famigerato cappotto scagliato durante una partita contro il Carpi, qualche anno fa -, altre opinionisti o addetti ai lavori (Sacchi e Adani su tutti). E, pur senza esagerare nella quantità degli episodi, anche con i direttori di gara il rapporto non è sempre stato idilliaco: non si contano peraltro le volte anche nell'attuale stagione in cui l'allenatore della Juventus ha abbandonato il terreno di gioco pochi minuti prima della fine perché in disaccordo con qualche fischio e per evitare quindi di venire richiamato e magari espulso.
Domenica sera, invece, allo stesso schema è stata applicata la variante zen e a nulla sono servite le sollecitazioni arrivate in sala stampa e dalle varie interviste televisive: abbandonato il campo dopo il gol del Napoli e quindi prima del gong, Allegri ha indossato la maschera più accondiscendente e imperscrutabile del mondo. Quasi sottovoce, ha detto e ribadito che «l'arbitro Fabbri è stato molto bravo. Direi perfetto. Noi dobbiamo pensare solo a noi stessi e a non disperdere energie preziose in vista degli impegni che ci aspettano: la semifinale di ritorno di Coppa Italia contro l'Inter (domani sera, ndr), la doppia sfida di Europa League contro il Siviglia e la rincorsa al secondo posto in campionato. Tutto qui: il resto non ci deve riguardare né coinvolgere, grazie e buonasera». Nessuna sceneggiata alla Sarri, nessun sarcasmo spinto come a volte capita a Mourinho: sguardo fisso e tono conciliante, pur se non si può scommettere sulla sincerità delle parole pronunciate pochi minuti dopo il gol annullato a Di Maria e la successiva rete di Raspadori: «Siamo stati dei polli a prendere un gol così. Cuadrado a terra dall'altro lato del campo? Siamo stati ingenui. Fabbri, mi ripeto, è stato perfetto. Pensiamo all'Inter». Con le energie mentali e fisiche che restano, in coda a una stagione «surreale: tanti parlano senza conoscere le cose e senza sapere nulla della Juventus».
Sballottata qua e là, tra penalizzazioni date e poi tolte, sentenze e rinvii in una storia ancora lontana dal poter essere considerata finita. Con una società che, dopo il cambio al vertice, ha deciso lei stessa di tenere un profilo basso: collaborazione e rispetto per gli organi inquirenti e giudicanti, con fermezza ma evitando atteggiamenti arroganti e potenzialmente controproducenti.
Quasi a volere indicare la via allo stesso Allegri: se così è stato, il tecnico ha recepito in fretta la lezione e seguito la traccia indicata dalla dirigenza. Sperando anche di raccogliere qualcosa sul campo: domani sera, al Meazza, sarà una partita senza domani. Da vincere, per cominciare a mettere finalmente nel mirino qualcosa di concreto da alzare al cielo.
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