Bagneres de Luchon Il Tour è al centro del mondo, ma rischia di finire nelle banlieue, alla periferia di tutto. Ed è alla periferia di Carcassonne che la corsa subisce un gancio al mento. Un duro colpo all'immagine e alla credibilità di una corsa planetaria. Come se non bastassero i fumogeni e i tifosi scalmanati. I sacchetti di acqua e di urina gettati addosso a Chris Froome. Gli sputi e le spinte all'indirizzo dei corridori del team Sky. I selfie dei webeti in mezzo alla strada e le uova marce. Non ultima la tracolla di una macchina fotografica che ha provocato la caduta del nostro Vincenzo Nibali, costretto a tornare a casa con una vertebra (la 10° toracica, ndr), fratturata e compressa (del 26%, ndr). Ieri un nuovo episodio. Dopo soli 29 km di corsa. Da Carcassonne a Bagneres de Luchon, prima giornata pirenaica, la corsa si ferma. Diversi contadini, che protestano per i sussidi statali che il governo vuole cancellare, posizionano alcune balle di paglia sulla sede stradale. La polizia francese, per allontanarli e liberare la strada, ricorre a gas lacrimogeni e al peperoncino, provocando in gruppo diversi problemi respiratori e di lacrimazione.
Coinvolti una decina di corridori, che sono prontamente trattati dal servizio medico del Tour: tra loro, la maglia gialla Geraint Thomas, il campione del mondo nonché maglia verde del Tour Peter Sagan e il nostro Sonny Colbrelli, bresciano, compagno di squadra di Nibali al Team Bahrain Merida.
Per spiegare la situazione nella quale si trovano e si sono trovati ieri i corridori, Peter Sagan, prima di prendere il collirio fornito dallo staff medico del Tour, ha chiesto espressamente se «è sicuro»: quindi, senza pericolose conseguenze dopanti. Ricevuta una risposta affermativa, l'iridato, ha provveduto al trattamento. Per la serie: fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.
Il Tour rischia di finire nelle banlieue, per certi versi c'è già abbondantemente finito, già da un po', visto il clima e i ceffi che lo animano. Non si deve generalizzare, questo è assolutamente vero, ma i casi di hooligans on the road sono ormai numerosi, troppi ed eccessivi.
«È difficile dire qualcosa da lontano ci spiega Mauro Vegni, direttore del Giro d'Italia -, ma quanto successo in queste settimane al Tour, e anche oggi (ieri per chi legge, ndr) poco fuori Carcassonne, dice solo una cosa: che noi organizzatori siamo chiamati a svolgere un mestiere delicatissimo, che deve essere aiutato e supportato in tutto e per tutto.
Io non mi sento di criminalizzare nessuno, assolutamente, sono vicino all'amico Prudhomme (direttore del Tour, ndr) e presto ci incontreremo per fare il punto della situazione, ma su una cosa dobbiamo tutti lavorare: la mancanza di una coscienza civica. Dobbiamo lavorare sì verso la sicurezza e delle forme repressive, ma qui è necessario un profondo salto culturale. I tifosi del ciclismo, quelli veri, devono aiutarci a tenere lontano le mele marce».
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