Al via era prima di tutto una questione di equilibrio. Poi sono arrivate le sconfitte e come tutte le squadre di questo mondo costruite per vincere, i Los Angeles Lakers hanno finito per entrare in crisi profonda. Non a caso per intravedere la luce alla fine del tunnel, i californiani hanno deciso di puntare su Mike D'Antoni, una scelta che ha fatto felice Kobe Bryant, pronto come sempre a raccontarsi nel bel mezzo della sua sedicesima stagione nella Nba.
L'Italia? Sempre nel suo cuore.
«Prima di pensare a cosa fare una volta conclusa la carriera Nba voglio essere sicuro di aver sparato tutte le mie cartucce - ha spiegato con un sorriso stampato sul viso - poi vedremo, di fatto il vostro paese per mille motivi rimane sempre nel mio cuore».
Vuol dire che c'è ancora una speranza di vederla un giorno giocare nel nostro campionato?
«Mai dire mai, ma ripeto, prima di pensare al dopo, voglio concentrarmi sui miei ultimi anni di carriera. Oramai sto diventando vecchio e non mi rimane più tanto tempo per pensare».
In sedici anni lei ha vinto praticamente tutto, dovendo pensare all'ultimo giro di giostra che cosa si aspetta ancora?
«Un altro titolo ma purtroppo ci vogliono sacrifici e tanto tempo per riuscire a portare a casa dei risultati di questo spessore. Penso che il nostro gruppo abbia tutte le carte in tavola per riuscire a vincere, ma dobbiamo migliorare in fretta».
Se l'aspettava un inizio di campionato tutto in salita?
«Quando cambi tanto durante l'estate, insomma è normale affrontare delle difficoltá, purtroppo nell'ultimo periodo siamo lontani anni luce dalla forma migliore».
Quanto l'arrivo di Mike D'Antoni ha risanato l'ambiente?
«Parecchio, ma allo stesso tempo lui usa un sistema diverso da quello che avevamo prima, quindi siamo alle prese con un cantiere aperto nel mezzo della stagione. Quando cominci a perdere terreno dalle prime, viene difficile recuperare».
Lei e Mike D'Antoni parlate in italiano?
«Quando c'è da scherzare, ma con i tempi che corrono non tira tanta aria buona».
Quanto è cambiato il suo gioco in questi ultimi anni?
«L'esperienza è un'ottima compagna di viaggio. Ti insegna delle cose che non avresti mai immaginato di conoscere. Io sono uno che ama tirare, questo non l'ho mai nascosto e soprattutto in questo periodo sento che devo prendermi delle responsabilitá se vogliamo vincere».
Ultimamente la sentiamo spesso parlare di vecchiaia e fine carriera. Che cosa sta succedendo?
«Sto diventando vecchio. Per gestire una stagione ad alti livelli servono tanti sacrifici e personalmente non so quanto ancora sono disposto ad andare avanti. Io non sono uno come Shaquille O'Neil che giocava dentro l'area piccola gestendo la sua presenza fino alla porta dei quarant'anni. Il mio gioco si basa sulla precisione e l'esplosivitá quindi senza queste due componenti, è difficile essere Kobe Bryant».
Ha già deciso quando appendere le scarpe al chiodo?
«No, ma è una questione di anni per questo motivo sto cercando di cambiare il modo di pensare e di godermi quanto meglio posso tutte le emozioni che la mia vita in campo mi sta ancora dando».
Se dovesse smettere domani quale sarebbe la sua vita ideale? Insomma che lavoro fará Kobe Bryant quando smette?
«Mi piacerebbe rimanere in questo mondo ma non ho ancora un'idea chiara sul da farsi. Per ora cerco di rimanere concentrato sulle cose da fare per riuscire a vincere ancora. Le mie energie sono a senso unico. Una volta centrato l'obiettivo, beh penseremo al da farsi».
In molti hanno associato l'arrivo di Dwight Howard ai Lakers agli anni in cui lei e Shaquille O'Neal dominavate l'Nba. Quanto siete vicini o lontani a quell'era?
«È una storia completamente diversa con il luogo comune che lui è in grado di dominare i centri avversari allo stesso modo in cui Shaq dominava ai suoi tempi. L'arrivo di Howard ai Lakers è una garanzia per il futuro. Sono pronto a lasciare la mia ereditá ad lui sperando di vincere prima qualcosa di importante assieme».
Quante probabilitá ci sono che quest'anno i Lakers riescano a vincere l'anello?
«Bella domanda. Prima di pensare agli anelli, dobbiamo diventare una squadra.
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