E dunque: l'Atalanta può davvero vincere lo scudetto? La risposta arriva dopo la decima vittoria consecutiva, un record che sigilla una partita segnata da un risultato che mente, raccontando però una verità: questa è davvero una capolista. Anche se Gian Piero Gasperini non è per niente d'accordo, e questo di solito - vedendo il suo passato - è un altro bel segnale: «Non siamo pronti per vincere il campionato: forse lo è una buona fetta di squadra ma non tutti - dice subito dopo l'1-0 a Cagliari -. C'è gente che deve maturare e le vittorie di fila non significano niente». Questo dopo una partita in cui i suoi hanno saputo soffrire, rischiando però troppo.
Ci vuole cinismo, in pratica, per diventare grandi: ma non c'è dubbio che qualcuno lo avrà capito (leggasi Retegui per il primo tempo e Zaniolo e Lookman per la gestione della palla nel finale), visto lo sguardo furibondo del tecnico nel dopo gara. Poi ci vuole anche un po' di fortuna, a cominciare da quello che era successo fino alla quinta di campionato: tre sconfitte dopo un'estate in cui i giocatori migliori se ne volevano andare. «Sono ragazzi che sbagliano» disse allora Gasp, ed anche in quel caso ha saputo gestire le situazione, lasciando andar via Koopmeiners in cambio di una bella carriola piena di milioni e blindando Lookman. Il perché lo si è visto ancora una volta ieri.
E allora: è stata una vittoria fondamentale, arrivata dopo le fatiche con Milan e Real. Il Cagliari, non è stato un avversario facile, e questo si sapeva. Però era meno pronosticabile il fatto che l'Atalanta finisse il primo tempo con zero tiri in porta (alla fine saranno due) e con Carnesecchi vero santino dopo i miracoli su Piccoli e Zappa (ce ne sarà poi un altro proprio a fine partita su Pavoletti). D'altronde Davide Nicola continua ad essere ingiustamente considerato un allenatore perfetto solo per la salvezza, ed invece aveva incartato le fasce bergamasche finendo per imbrigliare la capolista. La differenza, però, poi l'han fatta l'infortunio di Luvumbo (che per i sardi è fondamentale), un fallo di mano in area di Kossounou che Pairetto ha misteriosamente archiviato (Nicola, gentleman, sorvolerà) e, soprattutto, la panchina bergamasca: fuori all'intervallo oltre all'infortunato Hien anche gli evanescenti Retegui e Brescianini, dentro Lookman e Zaniolo. L'ex romanista troverà la zampata vincente su assist di Bellanova quando l'Atalanta era tornata tale, l'ivoriano centra un palo.
Tutto bello, se non fosse per la sfuriata del loro allenatore: «Nel finale è venuta fuori un po' di immaturità: siamo stati bravi a resistere con difensori e centrocampisti, se avessimo difeso non con pochi ma con tutti sarei più soddisfatto». Chi vuole intendere (Zaniolo) intenda, anzi intenderà perché «non è tollerabile che ogni volta che segna incendi il pubblico avversario, è già la seconda volta che accade (la prima volta a Roma 3, ndr).
Il Cagliari era tramortito e con la sua esultanza ha riacceso tutto lo stadio». Tornando al quesito sullo scudetto, la risposta di chi aspetta un futuro crollo della Dea è sempre la stessa: «Il campionato è ancora lungo...». Forse, stavolta, potrebbe non esserlo abbastanza.
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