Chi è Filippo Tortu? Per gli appassionati, per chi sa, è il futuro della nostra atletica diventato presente, è il terzo europeo di sempre sotto i 10'', è il quinto bianco al mondo ad esserci riuscito. Per loro, di certo non è Mennea. Perché è l'opposto per stile e modo di intendere corsa e sport, ma può diventare Berruti e basta leggere le parole di Livio in questa pagina per capirne il perché. Ma per gli altri? Per tutti coloro che ieri mattina si sono ritrovati di fronte lo sguardo limpido e pulito e forte di questo sconosciuto ventenne brianzolo con sangue sardo, per loro chi è?
Cronometro a parte, Filippo è le sue parole. Quando dice «ho cercato di portare in alto il nome dell'Italia e aver centrato il record all'estero serve a dire che il nostro Paese c'è». Quando dice «più che contento per il risultato, sono felice per il mio tecnico che ha cambiato il modo di allenare in Italia, perché servono idee nuove, fresche, mai utilizzate da nessuno e il suo lavoro duro fatto di anni di studio e tenacia e determinazione ha portato a questo risultato...». Il suo allenatore. Che poi è suo padre, Salvino Tortu, ex velocista e avvocato nella vita, diventato un vero e proprio scienziato della tecnica applicata alla corsa.
Chi è Filippo? È il figlio che onora il padre. Ormai una rarità. Ed è il sedicenne steso a terra con lo sguardo tondo e sofferente e incredulo che a Nanchino, quattro anni fa, si fratturò entrambi gli avambracci nello slancio finale dei 200. Aveva appena scoperto quanto può essere bastardo lo sport e si guardava attorno spaesato, cucciolo in cerca di aiuto. Come un nostro figlio impaurito.
Chi è Filippo? È un ragazzo che oggi studia Economia e ti guarda dritto negli occhi e alla vigilia di questo record dice «non voglio essere il Signor 100 metri né 200, smettessi ora di correre penserei di non aver fatto nulla. Anche perché cos'ho davanti? Forse 8, forse 10 anni di agonismo. Dopodiché inizierà la vita vera. Ed è per quella che mi voglio far trovare pronto».
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