Sarà un'altra Italia

Con la Svizzera in palio un posto nel G8 del calcio europeo. Si torna a Berlino diciotto anni dopo l'impresa Mondiale. L'esempio perfetto per cambiare marcia

Sarà un'altra Italia
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Berlino - Aria di vera Italia. È l'effetto che ti fa entrare all'Olympiastadion di Berlino. Un ovale che toglie il fiato, incorniciato in quel maestoso colonnato che accoglierà settantamila tifosi per l'ottavo di finale degli azzurri contro la Svizzera. La vip lounge intitolata a Jesse Owens è una freccia olimpica, Gigi Buffon che scende dal pullman della Nazionale un tuffo mondiale. Qui si è fatta per la quarta volta l'Italia campione del mondo. Luciano Spalletti rivela che il capo delegazione ha fatto entrare in clima Donnarumma e compagni con i suoi ricordi di quella avventura. Anche se quel confronto da «onorare» aumenta «le responsabilità», ammette il ct come liberato dal gol di Zaccagni. Lui e la sua squadra.

Diciotto anni dopo, soprattutto dopo tre partite dai messaggi contrastanti, la Nazionale deve cambiare marcia. Da campioni in carica è doveroso prenotare un posto al tavolo del G8 del calcio europeo. La qualificazione ai quarti di finale darebbe senso a una spedizione che deve gettare le basi per un ritorno al Mondiale dopo due assenze scioccanti. Spalletti iniziando il ritiro a inizio giugno aveva detto: «Dovremo rendere il Paese orgoglioso di noi». Battere la Svizzera sicuramente aiuterebbe e non poco. Aver superato il girone può aver tolto il peso, la pressione a un gruppo che sarebbe andato incontro inevitabilmente a bocciature, processi e fallimenti. Vale per i giocatori, ma anche per tutto l'ambiente, dal presidente Gravina all'allenatore che auspica di vedere i suoi «più sciolti».

Lo si percepisce nelle parole di Spalletti, a Berlino può nascere un'altra Italia. Di se stesso dice che deve trovare il «coraggio di dare spazio ai giovani», alla squadra chiede di esprimere «il nostro livello, non l'abbiamo ancora fatto». Spalletti entra nella testa degli azzurri chiede più personalità a livello psicologico, parla dell'inizio dei secondi tempi, ma anche l'approccio non è stato ottimale. Tocca a Fagioli con il «21» che nel 2006 era di Pirlo: Jorginho sorpassato. In difesa Mancini per Calafiori al fianco del recuperato dall'influenza Bastoni che nella numerologia ha il 23 di Materazzi, uno che a Berlino ha segnato il suo gol più importante. Per un giovane che esce uno che entra, per uno della vecchia guardia destinato ai box un altro che esce dalla naftalina. Una sorta di teoria dei vasi comunicanti. E poi la difesa a quattro per incastrarsi al meglio con la Svizzera che va veloce sulle ali come la Spagna. Bisognerà fare quel gol che trovarlo è sempre una fatica enorme. Essere stasera all'Olympiastadion sarà stato anche un colpo di fortuna, ma meritato per l'ostinazione con cui gli azzurri non hanno mai smesso di cercarlo. Gruppo vero sintetizzato dallo «Shanghai umano», così ribattezzata in ritiro l'ammucchiata per il tiro a giro di Zaccagni.

Arrivare a Berlino non è stato semplice, è la verità. Per tutti. Se scendi dal treno e ti siedi su una panchina e ti vedi arrivare una famiglia con un sacchetto di cioccolatini svizzeri, pensi subito alle sliding doors.

A quel Mondiale perso per due rigori, a quelle maxi tavolette di cioccolato che il ct Yakin ci inviò via social. Stasera l'Italia vuole fare il primo passo per sognare di tornare a Berlino tra quindici giorni in finale. È anche l'occasione per rispedire oltre confine quel fondente amaro con due pizze d'autore.

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