L'atletica salta già verso i Giochi. Debutta a Xiamen, in Cina, la Diamond League e in gara questa mattina andrà uno dei suoi personaggi più rappresentativi, il campione olimpico dell'alto Mutaz Essa Barshim. In pedana, stavolta, il fenomeno qatarino non troverà Gimbo Tamberi (proprio oggi partito per la Turchia per un raduno), l'amico con il quale ha condiviso l'oro a Tokyo, in un gesto simbolico forte, che ha consacrato i valori dello spirito olimpico e dell'integrazione fra popoli. Ma sullo sfondo ad aspettarli c'è anche la Torre Eiffel e, chissà, anche la Senna: perché potrebbero ritrovarsi di nuovo insieme nella cerimonia di apertura come alfieri della propria Nazione.
Mutaz, il suo amico è il candidato forte per il ruolo di portabandiera azzurro.
«Lui è un grandissimo atleta, direi che ha rappresentato molto bene il suo Paese ed è il campione olimpico. Penso che abbia una grande possibilità e lo meriterebbe. Perché no?».
Quell'oro olimpico ex aequo non si ripeterà più a Parigi?
«Quello di Tokyo è stato un momento unico che non può essere ripetuto: perché vivrà per sempre. Ne abbiamo parlato a cena una volta io e Gimbo: sappiamo che la storia non si ripeterà e che l'oro a Parigi andrà a una persona sola».
Entrambi siete arrivati a Tokyo dopo aver superato degli infortuni pesanti.
«Sì, è vero. Abbiamo avuto infortuni così gravi che ci sembrava quasi impossibile tornare a fare quello che facevamo. Ci siamo spinti a vicenda e siamo tornati a volare».
Com'è andata la preparazione invernale?
«Sono passati circa sei mesi dall'ultima volta che ho gareggiato (sempre in Cina, ha vinto il titolo dei Giochi Asiatici, ndr). Sono felice di essere tornato per gareggiare di nuovo in un'importante stagione olimpica. Gli ultimi mesi sono stati rilassanti, di recupero».
In che senso?
«Avevo intenzione di gareggiare nella stagione indoor, poi ho avuto due problemi fisici lievi, uno alla schiena e uno all'anca, che ho superato, e per questo abbiamo deciso di fermarci. Meglio prendersi del tempo, trattare il problema ed evitare così di gareggiare trascinandosi il problema con il rischio di dover stare poi lontano dalle gare per due o tre mesi. Bisogna essere intelligenti, ascoltare le persone che si hanno intorno e capire quando fermarsi e prendersi del tempo. Ecco, in questo penso di essere cresciuto nel corso degli anni. Non voglio ripetere alcuni errori commessi in passato».
Che cosa ha fatto in quei mesi?
«Ne ho approfittato per prendermi una pausa per stare con la mia famiglia. Poi ho ricominciato ad allenarmi. Adesso sento che l'allenamento sta andando bene, quindi sono felice. Sono curioso di vedere quanto riesco a spingermi in alto domani (oggi, ndc). Ma siamo ancora ad aprile».
La testa è a Parigi, sarà la sua quarta Olimpiade.
«Per me i Giochi erano un sogno.
Ricordo di averle guardate da ragazzino in TV e di voler essere lì. Mi dicevo: Un giorno ci sarò anch'io. Adesso che si avvicina Parigi sento già il formicolio. Sarò preparato e pronto a combattere. E spero di salire sul podio».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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