Nove e novantanove. Filippo nella storia, Filippo fra i grandi, Filippo un po' brianzolo e un po' sardo ha mantenuto i nervi saldi ed è volato là nel mito. La pista del meeting di Madrid amica il giusto con quei 667 metri sul livello mare (+0,2 di vento) che fanno poco ma fanno piacere, 10,04 in batteria, cinque atleti, fra cinesi e sudafricani con personali sotto i dieci. Gente veloce, gente nemica e però amica nello stimolarlo all'impresa e poi, attorno, gli amici veri della compagnia e papà Salvino che lo allena e accompagna e perfeziona e la nonna Titta, nonna Sprint, e il fratello Giacomo e la mamma e tutti. Tutti tranne una telecamera italiana a riprendere e mandare in diretta qualcosa che sa di storia e anzi supera la nostra storia. Perché potremmo dilungarci a dire e ripetere che Filippo Tortu ventenne di Carate Brianza ha abbassato di 4 centesimi il proprio personale fissato a fine maggio, che ha chiuso secondo dietro un maturo campione come il cinese Su Bingtian (9.91), potremmo emozionarci pensando a come una sera di giugno del 2018 sia stato in grado di cancellare il 10,01 di Mennea, record lungo quasi quarant'anni, ma sarebbe troppo poco. Perché Filippo è andato oltre Mennea, Filippo è da ieri sera il 6° bianco ad essere riuscito a varcare la soglia dei 10 secondi ed il 3° europeo.
Dice: «Sensazione fantastica, battere il record di Mennea era il sogno da bambino... sapevo di potercela fare». Poi rende omaggio al padre: «È soprattutto merito suo, per come mi ha allenato in questi anni ed è un lavoro innovativo il suo». Parole umili e semplici a cui segue uno schietto «e in fondo non sono stato perfetto» che lo libera in una risata: «diciamo che sono soddisfatto al 99%...»
Già, 9 e 99, il record italiano di Pietro Mennea che crolla dopo quasi quarant'anni, record lontano e nascosto figlio della volontà del grande campione pugliese e però vissuto da pochi e visto da pochissimi. E anche in questo, le imprese di Filippo e della Freccia del Sud sono simili. Perché l'azzurro brianzolo è stato visto dai pochi fortunati presenti a Madrid, e perché a seguire Pietro il 4 settembre 1979, a Città del Messico, non c'era nessuno, stadio vuoto, niente pubblico, pochissimi giornalisti e inviati, le Universiadi distanti ancora una manciata di giorni, otto per la precisione, quelli che mancavano al 19,72 dei duecento metri che avrebbe incorniciato Mennea nella storia e nel nostro cuore.
Una gara anomala quei 100 metri, voluta dall'allora presidente Primo Nebiolo, sposata dal professor Vittori, per allenare, per testare, per sognare che l'altura e quei 2400 metri sul livello del mare avrebbero dato la spinta in più. A Filippo sono bastati 667 metri. E non è finita.
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