Emma ha un fiocco in testa. E quando il suo papà la bacia sotto l'Arco di trionfo i flash la abbagliano. Ha cinque mesi domani, non si rende conto di essere tra le braccia del vincitore del Tour de France. Il microfono con cui intervistano la sua mamma Rachele tenta di usarlo come ciuccio. Il suo papà è Vincenzo Nibali da Messina, via Mastromarco, è quello che sale sul gradino più alto del podio sugli Champs-Élisées. Un italiano torna a vincere il Tour 16 anni dopo il trionfo di Marco Pantani. E un altro azzurro insieme a Felice Gimondi entra nel club, veramente molto ristretto, dei vincitori di tutti e tre i grandi giri (Giro, Tour e Vuleta). Gli altri? Solo grandissimi nomi. Eddie Merckx, Jacques Anquetil, Bernard Hinault e Alberto Contador.
Il trionfo di un eroe normale. Di un campione straordinario che ha stretto in pungo il Tour de France già alla seconda tappa di Sheffield e non l'ha mai mollato un secondo. Con dedizione, intelligenza e sagacia tattica. Solo una piccola concessione, la maglia gialla lasciata sulle spalle del francese Tony Gallopin nel giorno della festa nazionale transalpina il 14 luglio. Nessuna indecisione in 3.664 chilometri, nessun momento di esaltazione eccessiva, nessuno scatto di rabbia. Niente. Tre settimane vissute sui pedali, dominando la Grande Boucle passate schivando le cadute degli avversari più prestigiosi (Chris Froome e Alberto Contador) e rispondendo da fuoriclasse agli attacchi: parata e risposta. Su tutti i terreni. Dal pavè di Arenberg, dove Nibali ha costruito il suo primo vero grande vantaggio in classifica, alle salite. Un sigillo sui Vosgi, sullo strappo spaccagambe della Planche des Belles Filles. Un altro sulle Alpi, al traguardo di Chamrousse. Infine sui Pirenei, esultando a braccia alzate sulla montagna mitica di Hautacam.
Dopo i brindisi in corsa, come da tradizione, ecco l'arrivo abbracciato al suo compagno di squadra da otto anni, il bergamasco Alessandro Vanotti, lo stesso che gli ha presentato Rachele, che poi sarebbe diventata sua moglie. Nibali è circondato dalla famiglia. Papà Vincenzo si commuove: «Lo sapevo fin dall'inizio che si sarebbe arrivati a questo punto, da quando aveva 14 anni, dalla sua prima gara». Vicenzo era la metà degli altri, il babbo si preoccupava. Il figlio gli disse: «Tranquillo tanto vado in fuga subito». Così fece, ripreso solo agli ultimi 10 metri. «Non è una meraviglia, è una gioia enorme» dice papà Nibali. E a lui che l'ha seguito fin da bimbo risponde ai sospetti di doping della stampa francese rivolte alla sua squadra, la kazaka Astana. «Enzo è cresciuto sano, sanissimo e non ha bisogno di niente. Dalla prima corsa in mountain bike è sempre stato protagonista. È la persona più seria di questo mondo, ve lo garantisco». E anche tutti i dati del suo Tour sono lì a confermarlo: Nibali è un eccezionale corridore normale. Non un super uomo come i vincitori del passato cancellati dall'albo d'oro con l'onta della truffa, Lance Armostrong su tutti.
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