Il momento che tutti i fan del motociclismo a livello mondiale temevano è arrivato in un caldo pomeriggio d'agosto. Valentino Rossi ha annunciato il ritiro dalle competizioni motociclistiche a fine stagione e lo ha fatto nel suo inconfondibile stile. Con il sorriso sulle labbra. «Ho deciso di ritirarmi a fine stagione. È stata una decisione molta dura da prendere. Avrei voluto correre altri vent'anni per cui anche il prossimo anno sarebbe stato ugualmente pesante».
Come annunciato ad inizio stagione, Rossi ha ponderato cosa fare da grande nella pausa estiva. «Sono un pilota e i risultati quest'anno sono stati inferiori alle aspettative. Nel 2018 sono arrivato terzo in campionato, nel 2019 avevo iniziato bene ma poi qualcosa è cambiato. Sono salito sul podio ancora nel 2020 e non ero pronto a dire addio alla passione più grande della mia vita». Valentino Rossi è solo sul palco. Davanti a lui, ad applaudirlo in una sincera e commossa standing ovation i giornalisti che hanno raccontato i più bei momenti di una carriera stellare. «Sei patrimonio dell'umanitá» afferma senza esitazioni il collega francese dell'Equipe. «Oltre ai 9 titoli iridati, la mia più grande soddisfazione - racconta Vale - È stata avvicinare tantissime persone al motociclismo. All'inizio è stato difficile gestire la pressione e tanta popolarità. Oggi mi rendo conto di aver fatto qualcosa di straordinario». Qualcuno lo paragona agli intramontabili Michael Jordan o Tiger Woods. «Ho fatto come il grande Alberto Tomba che ha fatto innamorare l'Italia intera dello sci».
La leggenda di Rossi è planetaria. La marea gialla dei tifosi è stata una costante in ogni angolo della terra. «Anche nel paesino remoto della Thailandia trovi l'adesivo 46 sugli scooter. È incredibile» afferma un immenso Valentino che a 42 anni si trova a voltare pagina. «Tre i campionati più belli: la vittoria in 500, il primo titolo con Yamaha Motogp nel 2004 e poi il titolo nel 2008. E pensare che mi consideravano bollito! E' stata una soddisfazione immensa».
Sempre ironico e autoironico, non si è mai tirato indietro nel confronto con gli avversari più giovani di 20 anni. «Ho sempre dato il massimo. Anche in quei due durissimi anni con Ducati. Ma è stata una sfida: da italiano sarebbe stato bellissimo vincere su una moto italiana». Nessun rimpianto? «Mi dispiace non aver centrato il decimo sigillo. Ci sono andato vicinissimo due volte perdendo all'ultima gara. Me lo meritavo». Eterno Peter Pan, Rossi si trova a fare i conti con uno spettro che ha allontanato da anni. «Sono un pilota e lo sarò per sempre. Non sono triste, ma dispiaciuto sì. Mi mancherà alzarmi e allenarmi ogni giorno per un obiettivo: vincere. E poi l'adrenalina delle gare e quel malessere due ore prima del via. Sarà dura l'ultima gara della stagione». Nove gare per finire in bellezza. «Graziano voleva che continuassi, così Uccio, ma anche Migno». Con gli occhi lucidi, il Doctor guarda avanti. «Piloti si nasce. Continuerò a correre passando dalle due alle quattro ruote. Penso alla 24Ore di Le Mans o altre competizioni. Mi piacciono molto anche le auto». E poi l'Academy. «È motivo di grande orgoglio crescere le giovani promesse italiane. In questi anni i nostri team in Moto3 e Moto2 sono stati una sorta di Nazionale italiana. E poi la nuova sfida con il team Vr46 nella classe regina. Potevo correre nel mio team ma sarebbe stato un azzardo. Mio fratello Luca ha insistito molto. Sarebbe stato un dream team, ma è giunto il momento».
E un Valentino sereno quello che si congeda dalla stampa dopo aver abbracciato gli amici di
sempre e Carmelo Ezpeleta, il boss della Motogp. «Ci siamo divertiti» sussurra Valentino al numero uno della Dorna. «Ci siamo divertiti», risponde commosso Don Carmel interpretando il pensiero di tutti. Grazie Valentino.
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