Per capire cosa covi sotto le rivalità del tennis basta ascoltare i due diretti rivali di Jannik Sinner per il numero uno del mondo: nessuna accusa per carità, ma certamente la solidarietà è un'altra cosa. Gli Us Open che cominciano oggi non hanno spento insomma del tutto il caso Clostebol, e chissà quando finiranno i piccoli (e grandi) sospetti dei colleghi nei confronti di Jannik. E d'altronde lui se lo aspettava: «Per quanto riguarda la mia reputazione, vedremo. Questa è una cosa che non posso controllare».
E allora: se Carlos Alcaraz dice che il suo inglese non è abbastanza fluente per poter farsi capire (aggiungendo però «io credo in uno sport pulito ma non so abbastanza della vicenda. Credo che ci siano degli aspetti che noi non sappiamo, ma se lasciano giocare Jannik un motivo ci sarà, hanno detto che è innocente. Sicuramente è un momento complicato per lui»), sono le parole di Novak Djokovic a colpire: nessun riferimento diretto a Sinner, ma un lungo giro di parole per far capire che qualcosa non gli torna. Ovvero: «Sono i casi come questo il motivo per il quale abbiamo fondato la Ptpa, l'associazione dei giocatori che sostiene sempre protocolli equi per approcci standardizzati a questo tipo di casi. Capisco che la frustrazione dei giocatori sia dovuta alla mancanza di coerenza: il suo caso è stato risolto nel momento stesso in cui è stato annunciato e sono passati cinque o sei mesi da quando la notizia è stata portata a lui e alla sua squadra. Molti giocatori invece hanno avuto casi simili o uguali ma non con lo stesso risultato, ci si deve chiedere se è perché c'è chi possa permettersi o meno di spendere tanti soldi per uno studio legale. Ogni giocatore, indipendentemente dalla sua classifica o status o profilo o dalla sua ricchezza, dovrebbe esse in grado di ottenere lo stesso tipo di trattamento e di giustizi». Tutto vero, resta però sempre il fatto che la giustizia si è comportata come dovrebbe essere sempre nei confronti di un atleta. Ma questo Djokovik non l'ha detto. «Jannik è un ragazzo eccezionale, non cambierà il mio rapporto di amicizia con lui» ha invece detto Sasha Zverev, numero 4 al mondo, facendo da contraltare alle parole di Alcaraz e Djokovic.
Intanto s'è fatto vivo su Instagram Giacomo Naldi, il fisio non più di Sinner: «Grazie Jannik, sei un campione: ho fatto parte di un grande team e ne sono orgoglioso. È dura, sono stato professionale al 100%. Ma ci sono due gradi di giustizia: quella vera dei tribunali e quella superficiale dei media». Mentre Matteo Berrettini ha chiuso il caso: «Avevo capito dai suoi occhi che c'era qualcosa che non andava, sono certo che sia stato un errore. È stato incredibile come ha gestito il tutto, mi sono complimentato con lui». Comunque, finalmente, si gioca (dalle 17 di oggi, diretta Sky e, in chiaro, su Supertennis), e l'Italia festeggia due volte.
Per il numero di giocatori - ovvero 15, con 9 nel tabellone maschile e 6 in quello femminile -, e per il fatto che Lorenzo Sonego arriva a New York dopo aver vinto l'Atp 250 di Wiston Salem: 6-0, 6-3 in finale a Michelsen, rientro nei Top 50 e quarto successo della carriera, che fa anche il decimo dell'anno dei 95 totali nella storia del nostro tennis. Non sarà insomma lo 0,00000001 di una pomata a poter rovinare tutto questo.
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