La prima regata della gloriosa Azzurra nelle acque di Newport è stata il 18 giugno 1983, come dice sempre lo skipper del tempo Cino Ricci: «Eravamo come scalatori di fronte a una parete inviolata». A metà luglio la barca protagonista della prima sfida italiana all'America's Cup, lanciata attraverso lo Yacht Club Costa Smeralda voluta da Karim Aga Khan e Gianni Agnelli, conquistava l'insperato accesso alla semifinale della selezione sfidanti, per la prima volta targata Louis Vuitton. Un momento importante che ha aperto la strada ad altri protagonisti italiani in un crescendo di risultati. Nel '92 il Moro di Venezia di Raul Gardini vince la Louis Vuitton Cup, lo fa anche Luna Rossa «Silver Bullet» di Patrizio Bertelli nel 2000 e nel 2021, quando però le regate di selezione sfidanti sono la Prada Cup.
Azzurra nell'83 è rapida: il biondissimo timoniere Mauro Pelaschier conduce con grinta l'equipaggio di battaglia in battaglia. Il disegno è di Andrea Vallicelli che domani presenta a Milano presso la Triennale il libro che raccoglie 40 anni di progetti ed esperienza. «All'epoca ero giovanissimo, avevo 29 anni racconta il progettista romano - ed ero anche il più anziano di quello straordinario gruppo di lavoro. Solo mia moglie Patrizia Ferri aveva 30 anni, uno in più, Vittorio Mariani, Nicola Sironi, Alessandro Nazareth e tutti gli altri ragazzi dello studio erano più giovani. E affidarci il progetto di Azzurra fu un gesto coraggioso: volevano un italiano giovane perché nelle loro intenzioni Azzurra doveva essere un investimento».
I ragazzi erano laureati da poco ma non di primo pelo e avevano già in curriculum cinque anni di successi con le barche d'altura IOR, già protagonisti all'Admiral's Cup, un vero mondiale. C'è una foto di Carlo Borlenghi che tutti i velisti conoscono, quella con il primo Brava dell'armatore Pasquale Landolfi in strapuggia, quella barca è il biglietto di ingresso nel mondo dello yacht design dello Studio Vallicelli. «Pasquale ha un merito nella sfida italiana, prima di farsi da parte comprò la barca lepre Enterprise aggiunge Vallicelli poi lasciò tutta la scena all'avvocato Agnelli e all'Aga Khan che furono una calamita per la grande imprenditoria italiana, che voleva entrare nel consorzio. Indicai Cino Ricci per formare l'equipaggio: era la persona più adatta per quel ruolo poi Mauro Pelaschier navigava da un paio d'anni su Brava».
Azzurra insomma è stata una avanguardia in tanti settori, una delle prime sfide a essere sostenuta da un consorzio e non da un singolo imprenditore, ad avere un nome che diventa marchio, nome di tante bambine come di molte pizzerie. L'intuizione era quella giusta: avvicinare il pubblico un nome facile... quello delle maglie della nazionale di calcio. Non c'erano social e il fenomeno è esploso a poco a poco sull'onda dei risultati. E adesso sappiamo che senza un ritiro contro Victory per forse Azzurra sarebbe arrivata in finale sfidanti contro la mitica Australia II di Alan Bond. Azzurra fu anche una straordinaria esperienza umana: «Irripetibile, direi racconta Vallicelli - Nel consorzio, durante la preparazione e anche a bordo si respirava un'energia fantastica. La prima Azzurra fu un'esperienza garibaldina. Tutto quello che dovevamo affrontare era nuovo e fu uno sforzo enorme che affrontammo con grande piacere. Anche perché avevamo un entusiasmo pazzesco che ci faceva camminare a un palmo da terra. Azzurra era probabilmente la più veloce, a parte Australia 2. Nella gestione di avarie e regate siamo stati un po' ingenui ma se anche avessimo vinto le selezioni in finale Dennis Conner ci avrebbe fatto neri».
Azzurra non vince ma entra nel mito: «Io
individuo due motivi conclude Vallicelli - Azzurra regatò in Coppa America subito dopo la vittoria dei Mondiali di calcio e ne viveva l'onda dell'orgoglio e poi era bella e gli italiani amano il bello, ne sono attratti».
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