Vettel, delirio in Canada E ora l'Italia si consola con la Nazionale rossa

Pole e primo dall'inizio alla fine. Seb domina e torna 1° in campionato superando Hamilton

Vettel, delirio in Canada E ora l'Italia si consola con la Nazionale rossa

Benny Casadei Lucchi

Si può vincere tre volte un Gran premio nello stesso week end di gara? «Krande lavoro, krazie ragazzi, ta-ta-ta-taaaa...». L'esultanza di Sebastiano Vettel dice che sì, la risposta da ieri è sì. C'è riuscito lui e c'è riuscita la Ferrari. La prima volta: perché è passato dalla pole del sabato a primo dall'inizio alla fine, trionfando là dove non accadeva dal 2004, epoca kaiser Schumi, altre auto, altre corse, altra F1. La seconda volta: perché ha conquistato il successo nel giorno peggiore per Lewis Hamilton, con il rivale in classifica costretto a uno scarno quinto posto, a combattere con una giornata no, un motore vecchio e con minor potenza e a cedere la vetta del mondiale per un punto. La terza volta: perché Sebastiano ha onorato nel migliore dei modi uno degli anniversari più amati e sentiti dal popolo di rosso vestito. Quarant'anni fa, Gilles Villeneuve su questa pista conquistò infatti il primo Gp della carriera, dando vita alla sua magica e sfortunata leggenda. Commovente, prima del via, il giro di pista di Jacques Villeneuve sulla vecchia Ferrari 312 T3 di papà. Applausi. Quasi un segnale della corsa che sarebbe stata.

Primo Seb davanti a Bottas e Verstappen, Kimi sesto e inesistente, e però campionato riaperto con autorità. Terza vittoria 2018 del tedesco, per di più con il mini giallo della bandiera sventolata prima dei 70 giri previsti (per cui risultato fissato al 68° passaggio), la numero 50 in carriera per Seb, con Hamilton rimasto fermo a due (come Ricciardo, ieri quarto) e mondiale che dopo sette gare riparte praticamente alla pari. 121 punti Seb che ne ha recuperati 15 in un colpo, 120 Lewis. Campionato riaperto ma soprattutto una prova di forza in salsa ferrarista. Perché gli acuti vittoriosi dell'Australia e del Bahrein erano ormai distanti oltre due mesi; perché a quelli erano seguiti un ottavo posto e due quarti. Per cui piazzamenti, errori, rimpianti. Persino paure. Come quella provata a Barcellona, quando all'improvviso la Ferrari aveva scoperto di non stare più comoda in pista con le gomme modificate per motivi di sicurezza. Ci sarebbe stato tutto per deconcentrarsi, per far emergere quell'italico e onnipresente senso di abbattimento che ci prende talvolta nello sport. Invece la reazione a Monte Carlo, il secondo posto, invece ieri. La vittoria che vale triplo.

E forse vale ancora di più. Perché ovunque è già aria di mondiale, ma non quello a pistoni, cilindri e power unit, bensì il mondiale del pallone e della Russia e di quest'Italia grande assente. Ecco. I tifosi orfani della nazionale, se non altro, in questo inizio d'estate di tristezze calcistiche potranno salire in groppa a un Cavallino che per dirla con il team principal Arrivabene «ha un grande pilota e gli ha però dato una grande macchina e ora guarda solo avanti per provare a scrivere qualcosa di bello».

E guarda anche indietro, a Schumi, a Gilles.

Lo fa Sebastiano un attimo dopo essersi tolto il casco, quando dice «massì, è la mia cinquantesima vittoria però negli ultimi 10 giri ho pensato a Michael..., massì sono in testa al mondiale, però la strada è ancora lunga e oggi conta aver rivinto qui dopo 14 anni e soprattutto mi rende fiero averlo fatto nel giorno di Gilles».

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