Il villaggio olimpico non è l'eden ma opera imperfetta

La morte dell'allenatore della squadra delle Isole Samoa rompe l'incantesimo

Il villaggio olimpico non è l'eden ma opera imperfetta
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Parigi - La pioggia. Le polemiche. Ora il morto. E ribellioni più o meno eccentriche. Il villaggio olimpico è sempre stato considerato l'opera perfetta dei Giochi: il non luogo dove si può vivere una quotidianità diversa e purtroppo a tempo determinato: un paio di settimane per i più fortunati, pochi giorni per gli altri. Il dramma di Monaco 1972, quando i terroristi palestinesi di Settembre nero presero in ostaggio gli atleti israeliani (i morti alla fine furono 11 oltre a un poliziotto e 5 terroristi) cambiò per sempre la percezione dei Giochi. Però non quella dei villaggi olimpici. Potenza di una favola. Erano state le olimpiadi ad essere violate dal terrorismo, non il non luogo del villaggio, questo il messaggio che passò. Eppure era tutto accaduto lì dentro.

Per cui lo tramandiamo così, come un eden. Però in una olimpiade inaugurata con una cerimonia fuori dallo stadio, sotto il diluvio, facendo prendere acqua e freddo a capi di Stato e atleti, in un'olimpiade dalla grandeur distorta come questa, qualcosa nell'eden del villaggio doveva accadere. Fin qui erano solo sembrati dei buffi inciampi di percorso, da ieri, purtroppo, molto di più. Perché c'è stato il morto, al villaggio. Cause naturali, probabilmente un infarto. È stato trovato così ieri mattina Lionel Elika Fatupaito, allenatore della squadra olimpica di boxe delle Isole Samoa. Era in stanza con uno dei suoi atleti quando si è sentito male. Prevedibili il dolore dei suoi ragazzi e ragazze, così come le frasi di circostanza della Federazione internazionale della boxe. E adesso, e di nuovo, quella sensazione amara che il villaggio non sia più quello che sarebbe dovuto essere.

Veniamo agli inciampi di percorso. O meglio: alle intemperanze che stanno segnando una rottura netta con il passato. La squadra di pallamano svedese, ad esempio. Le fanciulle hanno deciso che i materassi non erano di gradimento. Passino pure i famigerati letti in cartone riciclabile, ma non le parti morbide da rincalzare e sistemare su cui coricarsi. È bastata una sola notte per far scattare l'ammutinamento delle fanciulle: «Troppo duri questi materassi, non potevamo aspettare un giorno in più» ha fatto sapere Jamina Roberts. E via all'ordinazione, con processione di furgoni carichi dei morbidi prodotti Ikea. Mossa di marketing, complotto pubblicitario? Al momento mancano evidenze, l'unica prova incontenstabile è che le ragazze hanno poi vinto la prima partita contro le vicine della Norvegia, 32 a 28, non proprio delle comparse della pallamano visto che sono le campionesse d'Europa in carica e vice iridate.

Vero che ai Giochi tutti gli sport hanno lo stesso peso, vero che l'oro è uguale per tutti per cui la pallamano vale il taekwondo, però vero anche che il nuoto non si chiama re dei Giochi mica per nulla. Per cui ha fatto scalpore scoprire che l'intera squadra della Gran Bretagna, per nulla soddisfatta del menù e della distanza del villaggio di St.

Denis dalla Defense Arena dove si tengono le gare, ha deciso di fare le valigie e alloggiare altrove, affittando una struttura a Clichy con cuochi propri. Se si può organizzare una cerimonia d'apertura fuori dallo stadio, si può anche traslocare dal villaggio, avranno pensato.

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