Tocca al Milan la finale di Supercoppa d'Italia della Befana. Tocca a Sergio Conceiçao superare, nel risultato più che nella prova calcistica, il primo esame, piegare la Juve per la prima volta in campo italiano, e risalire la china di una sfida dominata nel gioco dalla Juve per un'ora. Fanno discutere la fragilità improvvisa denunciata dalla difesa juventina e in particolare i cambi decisi da Thiago Motta (Vlahovic in particolare). Invece nell'ultimo tratto di Riad, il Milan recupera salute fisica, la forza di Musah, e lo spunto magico di Pulisic che si procura il rigore dell'1 a 1. Adesso diranno che c'è la scossa del cambio di allenatore dalle parti di Milanello. Evidenti le difficoltà specie nello schieramento a 3 del centrocampo. La Juve torna a casa, contro ogni pronostico, con il morale a pezzi e con il credito del suo tecnico ridotto. Godiamoci il derby milanese extra della stagione che l'Inter forse aspetta per il gusto di prendersi una bella rivincita.
Poi ci sono gli incroci virtuosi. Francisco Coincençao, figlio di Sergio, si ferma durante il riscaldamento (flessore gamba destra) e cede il posto - a destra - e il ruolo a Yildiz che diventa uno dei protagonisti della prima frazione. È vero: dove il Milan soffre e patisce le pene è sull'altro binario dove Mbangula scorazza che è un piacere. Ma quando il giovane belga trova la precisione chirurgica nel passaggio denunciando l'impreparazione di Theo che lascia via libera al turco, la Juve passa davanti. Yildiz, tutto solo, fulmina Maignan con una saetta nell'angolo alto. È solo la certificazione dello stato confusionale milanista incapace di trovare un assetto stabile anche a centrocampo dove lo schieramento a 3 invece di migliorare la fluidità del gioco, lo complica. Bennacer è in ritardo di condizione, Reijnders e Fofana devono guardarsi spesso per recuperare la nuova posizione. Così la Juve, più collaudata, ha gioco facile. Punta quasi sempre a sinistra, lato debole della difesa rossonera (Emerson Royal si riscatta più tardi), e non deve nemmeno sudare per difendere meglio perché il taccuino non segnala neanche un tiro in porta. Un paio di blitz di Jimenez, con Theo inchiodato dietro, e Morata mai cercato, è il primo deludente fatturato. Sempre Yldiz, al culmine dell'ultimo assalto, impegna Maignan dal limite.
La partenza aggressiva del Milan nella ripresa denuncia altri limiti già noti perché è la Juve a trovare con due fulminanti contropiedi la strada più comoda verso il raddoppio: prima Yildiz e poi Vlahovic sprecano malamente. Nel frattempo Theo Hernandez certifica il proprio stato di crisi profonda: a due passi dalla porta sguarnita, da calcio d'angolo, spedisce in curva il pallone del possibile pareggio. Che matura a metà frazione su un lancio di Maignan: Theo rintuzzato da Savona, Pulisic brucia Locatelli e si procura il rigore che trasforma con tocco centrale. È la scossa che rianima tutto il Milan, capace a quel punto di ripartire con Musah, in contropiede: il suo cross deviato da Gatti, tradisce anche Di Gregorio, uscito fuori dalla porta, e consegna al Milan il ribaltone insperato.
Conceiçao alla fine si difende come può, in 5, aggiungendo Gabbia e Terracciano anche perché Tomori lamenta qualche acciacco (ma con gli slot delle sostituzioni esaurite). La Juve - senza Vlahovic rimpiazzato sull'1 a 0 - manda Gatti a fare il centravanti nel recupero e proprio a lui tocca disperdere sul fondo la palla del possibile 2 a 2.
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