Si è arrivati al giro di boa in Serie A e il Milan di Stefano Pioli si è laureato campione di inverno nonostante la sonora batosta incassata contro l'Atalanta di Gasperini. L'Inter di Conte vincendo a Udine avrebbe agganciato in vetta i rossoneri strappando il titolo "intermedio" al Diavolo ma i nerazzurri sono solo riusciti a pareggiare contro la squadra di Gotti consegnando di fatto il primato dopo 19 giornate ai cugini del Milan.
Alberto Zaccheroni ex allenatore di Inter, Milan, Lazio, Juventus, Udinese è un grande esperto di calcio e un grandissimo conoscitore del campionato italiano da lui vinto in una circostanza sulla panchina dei rossoneri in quell'entusiasmante stagione 1998-1999. In esclusiva per ilgiornale.it Zaccheroni, campione d'Asia con la nazionale giapponese nel 2011, ha dato la sua opinione sulla lotta scudetto, ha fatto un parallelismo con il suo Milan nel 1998-99, ha parlato di Inter e Juventus e molto altro ancora:
Zaccheroni, trova questa stagione di Serie A la più interessante degli ultimi anni?
"Certo, ma il tutto è più interessante perché è tutto anomalo. Non vedo come un campionato possa essere più anomalo di questo perché rispetto a quelli precedenti ci sono diverse variazioni importanti sul tema. La preparazione atletica che è saltata, la mancanza del pubblico, i tamponi, il giocare ogni tre giorni e soprattutto i cinque cambi hanno completamente stravolto il campionato. Soprattutto il tema sostituzioni è importante perché con tre cambi la aggiusti con cinque la stravolgi".
Non è d'accordo con la questione dei cinque cambi?
"No, no...sia chiaro, io sono a favore dei cinque cambi. Sono per lo spettacolo e dunque sono favorevole. Per me il calcio è una questione di qualità e di prestazioni e dunque non ho nulla in contrario, d’altronde negli altri sport di squadra i tanti cambi si fanno e questa cosa mi incuriosisce. Non ho mai guardato così tante partite come nell'ultimo periodo. Io sono da sempre appassionato del campionato italiano che è di certo il più difficile del mondo".
Il Milan ha perso contro l'Atalanta ma si è laureato lo stesso campione d'inverno. Vede analogie con il suo Milan del 98-99?
"L'unica analogia che vedo è relativa al fatto che il Milan non era vista come la favorita per il titolo. Il mio Milan, però, era pieno di qualità ma con giocatori da motivare in quanto già sazi di vittorie, qui invece è il contrario: ci sono giocatori giovani, molto motivati che hanno l'occasione della vita. La qualità rispetto alla mia squadra è inferiore ma questo dà la portata del grande lavoro che stanno facendo i rossoneri. Ci sono due-tre giocatori esperti e tutti giovani che stanno facendo bene. Io nel 98-99 fui bravo a capire i giocatori, a entrare nella loro testa ma il grande merito resta dei giocatori di qualità che avevo: senza di loro nessun allenatore può vincere qualcosa di importante. Il mister deve avere il compito di capire il materiale tecnico e umano che ha a disposizione e metterlo nelle condizioni di rendere al meglio per la squadra".
La classifica di Serie A è corta, con tante pretendenti al titolo. Chi ha la rosa migliore?
"Credo sia innegabile che la Juventus abbia l’organico più forte e completo e questo non possiamo negarlo. Anche l'Inter ha una rosa superiore ai rossoneri, a cascata tutte le altre. Al termine dello scontro diretto Milan-Juventus, però, ero collegato con la Domenica Sportiva e mi sono permesso di dire come la Juventus non abbia ancora trovato la quadra e dunque aspetterei a mettere la squadra di Pirlo come la favorita per lo scudetto. Siamo già a metà campionato e io in questo momento mi oriento su un derby meneghino e mi viene da dire che il Milan è la squadra che gioca maggiormente in fiducia e che ha dunque più chance di vittoria. Però non si dica che i rossoneri hanno la rosa più forte del campionato perché non è così, Inter e Juventus hanno qualcosa in più e questo fa capire come il Milan stia facendo qualcosa di eccezionale".
In questa rinascita rossonera c'è un nome e un cognome: Paolo Maldini, è d'accordo?
"Assolutamente. Maldini anche da giocatore era un grandissimo e si sta confermando tale da dirigente. Io devo molto a Paolo nella mia esperienza da allenatore al Milan. Lui, Costacurta, Albertini e tanti altri senatori sono stati importantissimi per il mio percorso in rossonero. Paolo era il primo ad arrivare al campo, l'ultimo ad andare via e tutto questo nonostante avesse già ampiamente dimostrato in carriera. Non avevo dubbi che sarebbe stato un dirigente fantastico, la sua grande qualità e saper compattare l'ambiente. Paolo riesce sempre a essere calmo, pacato e queste sono cose che conferiscono sicurezza anche al mister e alla squadra".
In tutto questo anche Stefano Pioli ha dei grandi meriti: cosa ne pensa del tecnico del Milan?
"Stefano ovunque è andato ha fatto sempre bene all'inizio, è un tecnico che sa lavorare bene. Ricordo le sue esperienze alla Lazio, al Bologna, all'Inter e alla Fiorentina ad esempio. Poi in corso d'opera si è sempre perso via per diverse ragioni mentre questa volta al Milan è riuscito a trovare una continuità di risultati incredibile. Dopo la pesante sconfitta di Bergamo nel dicembre del 2019 la squadra sembrava morta ma lui con l'aiuto anche di un giocatore come Ibrahimovic è riuscito a risollevare le sorti della squadra e finora i risultati si sono visti".
Quali sono i giocatori del Milan che più l'hanno sorpresa finora?
"Sono diversi ma penso che due su tutti siano l'emblema di come il Milan sia cambiato da un anno a questa parte: Zlatan Ibrahimovic e Hakan Calhanoglu che ha finalmente trovato la sua collocazione corretta in campo ed è sempre decisivo per le sorti del Milan. Ne potrei citare tanti altri e anche il mister ma è evidente come i meriti vadano divisi tra tutti i membri della rosa".
Se lei si dovesse sbilanciare, su chi punterebbe l'euro per lo scudetto?
"Non lo so ancora è lunga. Io penso che il Milan, se non succede qualcosa di grave nello spogliatoio, non mollerà. Sono forti, fanno prestazioni, non si buttano giù. Ripeto, se non si rompe qualcosa nello spogliatoio i rossoneri ci saranno fino alla fine. Io penso che l’Inter è la seconda candidata al titolo dopo il Milan ma deve farsi trovare pronta. I nerazzurri non hanno ancora trovato la quadra al 100%, soprattutto a centrocampo che è il cuore della squadra. Brozovic e Vidal vanno a corrente alternata e l'unico che ha quasi sempre reso è Barella. Poi c'è la Juventus che può ancora dire la sua e le altre ma io vedo un Milan agguerrito e con voglia di vincere".
Ci racconta un aneddoto relativo a quella fantastica cavalcata scudetto nel 1998-1999 sulla panchina del Milan?
"Certo, ce ne sono tante ma io ne ricordo sempre uno in particolare. Quando noi andammo a Udine, che fu poi la prima delle sette vittorie di fila, la Lazio era prima in classifica e giocava con la Juventus in anticipo il sabato. Quando noi arrivammo all’aeroporto qualcuno ci ha comunicato che la Juventus aveva battuto la Lazio. Mi sono girato, ho guardato gli occhi dei miei giocatori e brillavano. Il giorno dopo è arrivato Galliani e gli dissi 'Non so se vinceremo lo scudetto, perché la Lazio è davanti ma di certo noi abbiamo sette partite davanti e le vinceremo tutte e sette', così è stato e abbiamo vinto poi il titolo. Ripeto, però, quando hai i giocatori bravi basta saperli utilizzare nella maniera corretta. Li ho allenati, ho vinto lo scudetto e dovrei dire che sono stato bravo io, ma invece no...io ho solo trovato solo la quadra, li ho portati al rush finale con un'alta motivazione e alla fine sono stato ripagato dalla loro classe e qualità".
La scuola degli allenatori italiani è da sempre importante e una delle migliori del mondo. Crede sia ancora così?
"La tattica è dominante in Serie A. L'Italia ha sfornato e sforna ancora fior fior di allenatori. Lippi, Conte, Sarri, Mancini, Ancelotti, Spalletti, Capello, tutti hanno vinto sia Italia che nella loro esperienza all'estero. Chi più chi meno hanno vinto tutti. Questo vuol dire che c’è un’ottima preparazione perché sul piano tattico abbiamo fatto un capolavoro".
Non si è messo nella lista degli allenatori italiani vincenti all'estero ma anche lei ha vinto un titolo importante con la nazionale giapponese...
"Quella è stata una delle esperienze più belle e formative della mia vita e della mia carriera da allenatore. Ho voluto provare l'esperienza all'estero badando più alla cultura che ai soldi.
Ho trovato un paese civile ed educato ad accogliermi, ho potuto lavorare serenamente e ho vinto grazie al grande lavoro dei miei giocatori perché in Giappone il gioco di squadra è molto importante rispetto alle individualità".
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