Lo spot europeo di Gentiloni contro Mediaset

Alessandro M. Caprettini

A Strasburgo qualcuno l'ha già ribattezzato «l’hezbollah anti-Cavaliere». Eccessivo, forse. Ma che Paolo Gentiloni, successore di Gasparri al ministero delle Telecomunicazioni abbia di fatto aperto la sua guerra santa a Mediaset è dato acclarato. Al di là delle tante dichiarazioni di facciata permeate di buonismo e tese a smentire agguati e trabocchetti.
Di ieri un paio di nuovi capitoli ad arricchire il suo personale medagliere. In mattinata, dalla capitale belga dove andava in onda il Consiglio dei ministri delle Telecomunicazioni a 25, l'annuncio che per l'Italia è in arrivo una condanna Ue per l'acquisto agevolato dei decoder per il digitale terrestre. Nel pomeriggio blitz all'europarlamento, riunito in Alsazia, che giusto domani dovrà votare la direttiva «Tv senza frontiere» e in cui l'esponente della Margherita sostiene un emendamento presentato da alcuni parlamentari prodiani tesi ad equiparare telepromozioni e spot, così da tagliare le unghie a Mediaset che è l'unica o quasi in Europa a servirsi delle telepromozioni.
Il fatto che un ministro decida di presentarsi a Strasburgo di fatto all'ultimo minuto di gioco di una partita e che cerchi di fare gol nella propria porta (quella italiana), è cosa che ha stupito parecchi osservatori. Ma Gentiloni non si è fatto remore, neppure del fatto che i deputati italiani da lui invitati fossero pochini, visto che solo il martedì la presenza si fa più diffusa. E a loro ha spiegato paziente che «l'anomalia italiana dev'esser superata», che negli altri Stati Ue è la carta stampata ad ottenere più risorse pubblicitarie e che il nostro sistema legislativo per le Tv va globalmente rivisto e che dunque va sostenuto l'emendamento della Margherita (che fa parte del gruppo liberale) per eliminare le telepromozioni.
Una tesi, la sua, contestata da Gina Nieri, consigliere d'amministrazione Mediaset che, parlando a Roma in un convegno sull'innovazione televisiva ha chiarito come «sarebbe bello concentrarsi sul futuro», se l'azienda non fosse «costretta a impegnare tutte le sue forze per difendere il presente. È inaccettabile che un ministro italiano si rechi al Parlamento europeo di Strasburgo per fare lobby contro le aziende italiane». Un parere il suo sul quale si ritrova il vice-presidente dell'Europarlamento Mario Mauro (Forza Italia) che, dopo aver preso parte all'appuntamento promosso dal ministro, si è detto «un po' stupefatto dei raffinati attacchi di Gentiloni non solo a Mediaset, ma a tante aziende medie e piccole che spendono in telepromozioni un centesimo di quanto dovrebbero pagare per uno spot e che per questo dovrebbero uscire di scena».
Né, come accennato, l'attacco di Gentiloni è limitato al versante pubblicitario. Di ieri il suo annuncio sulla illiceità degli sconti concessi per l'acquisto dei decoder (che si sarebbe avviata dopo sua segnalazione, secondo alcuni). «La procedura di infrazione - ha spiegato il ministro - potrebbe arrivare a conclusione già il prossimo 20 dicembre, o slittare a gennaio». Sul fronte dei rimborsi il ministro ha detto di non sapere ancora quale sarà la posizione della commissaria alla concorrenza, Neelie Kroes: «So che la Commissione sta studiando e verificando chi può avere avuto beneficio dai contributi dati per agevolare l'acquisto dei decoder.

Comunque - ha aggiunto - mi pare impossibile che gli utilizzatori finali, gli acquirenti possano essere i destinatari delle richieste di rimborso». Come a dire che a pagare le spese potrebbe essere chi ha messo in piedi il digitale terreste: Mediaset e poi, molto in subordine, Rai, La7 e Fastweb.
Alessandro M. Caprettini

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