Valerio Boni
Con Kia e Hyundai il marchio SsangYong ha in comune, oltre al passaporto sudcoreano, la particolarità di aver fatto parte della «scuderia» Koelliker. Una squadra della quale, è giusto ricordarlo, hanno fatto parte negli anni marchi inizialmente di nicchia o semisconosciuti, poi passati a essere gestiti ufficialmente dalle filiali. Da Jaguar alla russa Zaz, da Seat quando uscì dall'orbita Fiat, a Mitsubishi, da Chrysler a Jeep sono tante le Case cresciute grazie all'organizzazione che in 80 anni ha saputo trovare e distribuire alcune tra le auto divenute di grande successo sulle nostre strade. Il segreto del Gruppo Koelliker, come ricorda Maurizio Melzi, brand manager di SsangYong Motors Italia, «è stato quello di avere portato in Italia molti marchi che si presentavano con prezzi di attacco, perfetti per chi aveva fame di auto senza disporre delle finanze per potersela permettere. La sfida era quella di consentire agli automobilisti di guidare senza preoccuparsi dei loghi sulla carrozzeria, sapendo di poter contare su una totale garanzia. E la formula ha sempre funzionato, come dimostra la storia».
Con SsangYong le cose sono andate diversamente, perché diversa è la storia del costruttore, che si è dedicato alla produzione di auto al termine della guerra di Corea nel 1954, dedicandosi all'assemblaggio delle Jeep, uniche vetture in grado di circolare sulle strade devastate dal conflitto. L'evoluzione della gamma ha seguito l'andamento di un Paese che si è rialzato da solo, passando dalle 4x4 ai bus per il trasporto di massa, fino a essere identificata nel 1991 come la Casa orientale candidata ideale per la partrnership con Mercedes. In quegli anni sono arrivate in Europa le prime SsangYong (alcune delle quali circolano ancora dopo avere percorso più di 400.000 km) che si sono fatte apprezzare per la qualità di livello superiore a quello low cost delle piccole auto sudcoreane.
La collaborazione con i tedeschi si è conclusa da tempo, ma uno dei punti di forza del marchio è aver mantenuto gli standard qualitativi introdotti negli anni Novanta, che oggi permettono agli stabilimenti di essere gli unici fuori dall'orbita Mercedes caratterizzati dagli stessi controlli di qualità.
Oggi il Gruppo Koelliker si prepara al lancio della nuova Rexton, una vera icona, sicuramente il modello più conosciuto del marchio, rimasto coraggiosamente fedele alla filosofia del prodotto. I progettisti coreani hanno tenuto duro e hanno realizzato la nuova generazione della Rexton mantenendo il caratteristico telaio tipico della scuola off-road, anche quando alcune tra le maggiori rivali si sono convertite alla scelta della scocca portante. Così, con questa soluzione e con un cambio dotato di «vere» marce ridotte si propone come una delle ultime fuoristrada, senza la rudezza che ci si può aspettare da un'auto per avanzare sui terreni più impegnativi. Senza tuttavia dimenticare gli aspetti della guida su strade asfaltate, con un quasi totale azzeramento di rumori e vibrazioni, e con una sicurezza di alto livello, che parte dai nove Airbag di serie che nessuna auto della categoria può offrire.
«La nuova Rexton sottolinea Melzi è stata una tra le auto più ammirate all'ultimo Salone di Francoforte, perché è grande ma ha stile, con linee fuori dal coro che vanno nella direzione dei gusti europei.
È stata infatti disegnata nel Centro stile coreano dove lavorano designer provenienti da tutto il mondo e nell'abitacolo sono evidenti, anche se la presenza è per il momento ufficiosa, i tratti di Pininfarina. La storica firma italiana, come del resto SsangYong, sono entrambe entrate nell'orbita dell'indiana Mahindra & Mahindra, e gli effetti della sinergia saranno ancora più evidenti in un prossimo futuro».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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