Lucia Serlenga
Passando dal fighettismo all'eccessivo esibizionismo, del sartoriale si rischia che rimanga solo la bandiera ossessiva della dichiarazione di qualità. L'iperbole di segni distintivi, di caratteri grafici, di colori senza controllo, d'informalità eccessiva e spesso non richiesta, ha fatto sì che tutto appaia oggi terribilmente volgare se non scontato e banale. Abusato e cristallizzato su vecchi schemi o peggio bistrattato dal modo di vestire di uomini che comunicano superficialità, ignoranza e forte desiderio di primeggiare, il sartoriale si vede costretto a migrare su altre tipologie - il tecnologico che ha tutto l'aspetto visivo della drapperia o addirittura il denim - per potersi fregiare dell'aggettivo contemporaneo. A fronte del fastidioso linguaggio che i cosiddetti influencer utilizzano per riempire d'ignoranza ogni commento sul nuovo stile del bel vestire, urge ritrovare la parola giusta per parlare di eleganza maschile. Classico sa un po' d'antico. Creativo lascia troppa libertà e scansa le regole. Formale ingessa e non concede. «La parola più cool di questo momento storico è sartoriale» pensa Brunello Cucinelli parlando dell'attitudine tutta maschile a conservare i pezzi più belli anche per anni e a mixarli con molto gusto a quelli di nuova generazione. Ma non basta: il sartoriale, fra banalità e rivoluzione, deve trovare la giusta via per rimanere nel tempo e ridiventare il segno più forte di un'epoca. A Pitti si parla di un sapiente mix passato-futuro sviluppato attraverso tessuti tradizionali ma densi di ricerca. «Sempre di più si fa strada l'esigenza di entrare in contatto con oggetti e sensazioni che toccano emotivamente e fisicamente», dicono gli organizzatori. Così tenendo saldi certi punti di riferimento come gli anni Quaranta/Cinquanta e il cinema, il nuovo sartoriale non dimentica quella fonte inesauribile d'ispirazione che è sempre stata l'Inghilterra. Lardini per esempio parla di Gentry, termine che un tempo definiva la nobiltà di campagna, per proporre giacche e pantaloni costruiti con accuratezza quasi architettonica ma senza alcuna rigidità. Una collezione/guardaroba dove si declina un intero lessico di modelli, quasi tutti a ginocchio coperto: peacoat, montgomery, field jacket, trench, parka, pastrani demilitarizzati. Importante è anche l'anima dei look Sartoria definita nobile. Si parla di suggestioni new dandy in combinazioni a effetto fra i tre pezzi del completo con un pattern importante e una camicia overcheck. «Uno stile ad personam che risponde ai desideri di un uomo pronto per andare dal sarto con l'idea precisa dell'abito che desidera» fanno sapere dalla maison. Delle sue esperienze londinesi Pino Lerario, direttore creativo delle collezioni Tagliatore, conserva l'attitudine impeccabile. Non per niente si deve alla bravura del designer di Martina Franca la realizzazione dell'intero guardaroba indossato da Toni Servillo nel film «La ragazza della nebbia» con la regia dello scrittore Donato Carrisi. Il lungo cappotto blu che l'agente speciale Vogel, interpretato da Servillo, indossa si chiama non a caso British Warm: è un doppiopetto blu in panno di cashmere che l'investigatore non si toglie per tutto il film. Ma nella nuova collezione Tagliatore c'è il massimo della ricerca di nuovi rapporti millimetrici fra proporzioni e dettagli sartoriali, spazi di fantasia, nuove sfumature di colori. A questo punto è giusto chiedersi: basta tutto questo per ridare agli italiani l'award di uomini più eleganti del mondo? «Indossare sempre una giacca come la nostra realizzata con dettagli sartoriali è il nuovo gesto d'eleganza dell'uomo» dice convinto Pino Lerario, il designer che nella sua azienda sforna ben 340 capispalla al giorno.
D'accordo, ma c'è un messaggio importante per coloro che si appropriano del termine sartoriale solo facendo copia e incolla delle ultime tendenze. La sapienza delle costruzioni, la capacità di aggiornamento ai nuovi canoni estetici, la sensibilità verso la ricerca sono tutto un altro film.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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