Sul podio Dudamel, il «pupillo» di Abbado

Dopo la prova aperta di domenica prossima a favore della Casa della Carità (02-465467467, h.20.30), struttura diretta da Don Colmegna e voluta dal cardinale Carlo Maria Martini, lunedì 4 tocca al concerto della Stagione Filarmonica. Sul podio del Piermarini torna il «più interessante nuovo direttore del pianeta» Gustavo Dudamel. Uno degli ultimi pupilli di Claudio Abbado. Uno che quando nomina l'adorato Claudio si illumina di immenso e quando parla di Mahler, specchio di quella «tristeza» che è l'altra anima dell'indole latino-americana, si strugge di malinconia. Uno la cui verginità psicologica, risolta in gestualità attenta e armoniosa, riesce ad impregnarsi in pensieri complessi e talvolta nemmeno suoi. Uno che per età e esperienza non può ancora essere annoverato nell'empireo dei grandi. Ma che possiede tutte le premesse per farne parte a maturazione artistica più avanzata. Uno, infine, che conosce a memoria la III di Mahler. La sinfonia che figura nella locandina di 25 anni fa accanto al nome di Abbado fondatore della Filarmonica al debutto. Il giovane, scoperto congiuntamente da Abbado e Simon Rattle, baciato da una straordinaria musicalità e oggi direttore musicale a Los Angeles oltre che principale alla Gotheburg Symphony, torna per la quarta volta sul podio della Filarmonica del Scala. In teatro ha già diretto anche Don Giovanni e Bohème. Venezuelano, 28 anni, Gustavo è un figlio del programma José Antonio Abreu. L'ex ministro che ha trasformato la musica in progetto sociale mettendo a punto un maxi-sistema finanziato pubblicamente che ne utilizza lo studio per sottrarre da strada, droga e criminilità i ragazzi dei barrios e quanti sono sotto la soglia della povertà. Il nostro, nato un in un centro agriclo a 4 ore da Caracas, in realtà è un figlio d'arte attratto dal metodo Abreu e divenuto presto il direttore musicale dell'orchestra giovanile Simon Bolívar, quella che accorpa il meglio del Paese. Il resto è attualità di grande prestigio. In ottobre, per i Sinfonici Scala, Gustavo torna ancora con la sua Simon Bolívar.
Sui leggii Quarta Sinfonia di Mendelssohn (l'Italiana) e Quarta Sinfonia dell'adorato Mahler, del quale ha già affrontato con i nostri V, III e I. Con Mahler prosegue appunto un progetto. La Quarta fu affrontata la prima volta nel 1986 con Bernestein e quindi nel '94 con Ozawa, nel '97 con Chailly e nel 2004 con Mikko Frank. E'la sinfonia più luminosa. Niente programma, alcune allusioni alla schiera dei santi. Quindi timbri desueti, onnipresenza della suggestione dello Zarathustra nietzschiano e chiusa sul Lied (soprano Ana María Martínez) Das Himmlische Leben («La vita celeste») tratto dal ciclo Das Knaben Wunderhorn. L'autore, da poco direttore dell'Opera di Vienna, tiene a battesimo il lavoro nel 1901.

L'Italiana di Mendelssohn, compositore del quale ricorre il bicentenario della nascita, è ispirata a un viaggio in Italia, come indicano vari momenti e soprattutto lo scatenato saltarello finale. Altri viaggi e altre atmosfere avrebbero dato vita alla Scozzese e alle Ebridi.

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