Sulle orme di Renzo De Felice che svelò il vero fascismo

Francesco Perfetti analizza metodo e idee del grande studioso che ebbe la forza di ripensare il Ventennio

Sulle orme di Renzo De Felice che svelò il vero fascismo

Per molti anni, nell'Italia repubblicana, i politici e gli intellettuali, soprattutto quelli militanti a sinistra, hanno dato del fascismo una immagine assai singolare: esso era stato espressione della grande proprietà fondiaria e del grande capitale; aveva goduto di un consenso assai esiguo, e aveva conservato il potere per un ventennio con il terrore e le persecuzioni (tribunale speciale, carcere, confino); non aveva avuto nessun rapporto significativo con la cultura, la quale era stata, per i nove decimi, antifascista. Pochi furono coloro che rifiutarono questa immagine. Fra questi il grande storico liberale Federico Chabod, che nelle sue lezioni tenute a Parigi nel 1950 sull'Italia contemporanea (19181948) liquidò l'interpretazione marxista del fascismo come espressione del grande capitale e della grande proprietà fondiaria, e individuò la sua base sociale nella piccola e media borghesia. Chabod sostenne altresì che il fascismo aveva avuto un largo consenso nella società italiana negli anni tra il 1929 e il 1934. Consenso dovuto a vari fattori; all'indubbia energia con cui l'Italia fascista reagì alle gravi conseguenze della grande crisi economica del 1929, che colpì tutto il mondo occidentale; ai successi che il fascismo riuscì a ottenere nel tentativo di conseguire l'autarchia economica; all'appoggio della chiesa cattolica al regime; alla conquista dell'Etiopia, alle grandi opere pubbliche.

Questi spunti della interpretazione chabodiana del fascismo furono ripresi, ripensati e rielaborati dallo storico Renzo De Felice. Attraverso un imponente lavoro di scavo storiografico durato alcuni decenni (nei quali ricostruì la biografia di Mussolini in otto volumi, pubblicati tra il 1965 e il 1997), lo storico reatino impostò su basi nuove il problema dello studio del fascismo, giungendo a risultati assai originali.

Alla grande opera di De Felice lo storico Francesco Perfetti ha dedicato un bellissimo libro, che appare ora per i tipi di Aragno: Per una storia senza pregiudizi. Il realismo storico di Renzo De Felice (pagg. 460, euro 30). Perfetti coglie assai bene i risultati più importanti della ricostruzione defeliciana. Anche De Felice (come Chabod) respinse l'immagine del fascismo come espressione del grande capitale e della grande proprietà fondiaria. È indubbio, egli diceva, che nelle zone agrarie, specialmente là dove le organizzazioni bracciantili erano più forti, il fascismo ebbe il sostegno massiccio degli agrari. Ma se ciò valeva per le campagne, valeva molto meno per le città e per il mondo economico industriale e finanziario. In realtà, diceva De Felice, il movimento fascista aveva trovato la propria base dinamica non nel grande capitale, bensì nei «ceti medi emergenti», cioè nei ceti medi che cercavano di acquisire potere politico.

I «ceti emergenti» di cui parlava lo storico reatino non erano strati sociali arretrati e impoveriti, bensì erano ceti legati alla moderna società industriale. Il movimento fascista era stato il più importante punto di riferimento e di attrazione per quei settori della piccola borghesia che aspiravano a una propria maggiore partecipazione nella vita sociale e politica nazionale, settori che non riconoscevano più alla classe dirigente tradizionale, e a quella politica in particolare, né la capacità né la legittimità di governare.

Se questo era vero, allora il fascismo doveva essere considerato un fenomeno rivoluzionario, nel senso etimologico della parola, senza pretendere di dare a tale parola un valore morale positivo. Del resto, nonostante tutti i compromessi che dovette stipulare con la vecchia classe dirigente, il personale politico del regime, nel giro di una decina d'anni, prese quasi completamente il monopolio del potere, e la vecchia classe politica che aveva fatto il compromesso con il fascismo nel '22 fu quasi del tutto esautorata.

Inoltre, secondo De Felice, il fascismo aveva goduto di un reale consenso fra gli italiani, soprattutto negli anni compresi fra il 1929 e il 1936. Un consenso dovuto a vari elementi: la costruzione dello Stato corporativo apparve in un primo tempo carica di promesse, mentre gli interventi volti a combattere i contraccolpi della depressione economica mondiale riuscivano a contenerne gli effetti entro limiti che apparivano assai modesti in confronto al disastro che aveva colpito le economie capitalistiche più sviluppate. La conquista dell'Etiopia, poi, sollevò entusiasmo in vasti strati della popolazione. Tale consenso incominciò a scemare in seguito all'alleanza con la Germania, alle leggi razziali, alla tragica avventura della guerra.

L'interpretazione defeliciana del fascismo provocò reazioni isteriche nella sinistra, al limite del linciaggio. Ma la valutazione della personalità di Mussolini, nella ricostruzione datane da De Felice, era tutt'altro che positiva. Secondo lo storico reatino Mussolini aveva fallito sul terreno decisivo per qualunque movimento totalitario: il rapporto fra Stato e partito. Deciso a evitare le difficoltà che il partito creava alla sua pretesa di reggere da solo e senza controlli la direzione del Paese, Mussolini finì a poco a poco per sottrarre al partito ogni effettivo contenuto, annacquandolo con l'indiscriminata immissione di nuovi iscritti, e riaffermando sempre la superiorità dello Stato e dei suoi organi sul partito stesso. Di qui il paradosso che il creatore del primo totalitarismo moderno finì per coltivare l'illusione di poter costruire un regime totalitario senza lo strumento principe dei sistemi totalitari moderni, cioè senza un partito che facesse da tramite tra il movimento politico e lo Stato. Ma Mussolini, diceva De Felice, non fu mai un «capo», perché non ebbe mai «una idea precisa che gli fosse moralmente di sostegno e di guida nell'azione...

Mancandogli questa idea precisa, questa intima moralità, la grandezza e il bene dell'Italia finivano per ridursi all'esercizio del potere, inevitabilmente inteso come potere personale».

Questi motivi fondamentali della grande opera di De Felice sono colti da Perfetti con grande acume e grande passione storiografica.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica