Sulle tracce di Cavallini. Il vero Giotto di Roma

Il pittore trecentesco era creativo e moderno ma poco noto perché Vasari preferì i toscani

Sulle tracce di Cavallini. Il vero Giotto di Roma

Come tutti sanno, o come sarebbe opportuno sapessero, la pittura del Trecento, e parliamo di una cosa lontana nel tempo, è in realtà la prima espressione della pittura moderna. Il primo pittore moderno è infatti Giotto. Ora sarebbe, non dico vano, ma difficile trovare Giotto a Roma. Eppure una traccia, incredibilmente, io l'ho indicata in prossimità della casa in cui abitavo a via dell'Anima, cioè Palazzo Pamphilj, nell'appartamento che era stato residenza privata di Innocenzo X. Ebbene, chi va in via dell'Anima può ritrovare, nel rigonfiamento di un muro di laterizio, l'indicazione appena accennata dell'abside di Sant'Agnese in Agone. Nella parete un'edicola indica il luogo sacro e fa avvertire che lì si trova la parte posteriore, appunto, la parte absidale della chiesa la cui facciata è su piazza Navona. E lì, nel riquadro di questa edicola, si vede una Madonna con il Bambino che, in tutta evidenza, indica una precedente collocazione. Questa Madonna quindi è stata staccata per indicare il luogo sacro. Chi la guarda avverte, nell'area cronologica di una decina d'anni, tra il 1300 e il 1310, la sensibilità e il gusto di Giotto. Si sente insomma una impostazione monumentale, solenne e statuaria, che è tipica del pittore toscano. L'ipotesi che ho fatto quando ne diedi notizia la prima volta è che si tratti dell'espressione di una cultura moderna che a Roma trova il suo Giotto, o dialoga con Giotto nella persona di Pietro Cavallini.

Forse è proprio Pietro Cavallini il primo pittore moderno, ed esattamente come Giotto agli inizi del Trecento egli mostra una lingua pittorica nuova, diretta, costante, narrativa. Potremmo dire che Cavallini è il Giotto di Roma, o addirittura un suo precursore, tanto che alcuni critici hanno osservato il primato della scuola romana nella persona di Cavallini rispetto alla scuola toscana. La differenza semmai è che la scuola toscana ha avuto una grande promozione attraverso Vasari, il quale ha esaltato Giotto e ha invece, con minore interesse, guardato al Giotto moderno che era Cavallini.

Partendo allora da questa conflittuale Madonna recuperata e sistemata nell'edicola di via dell'Anima, il primo itinerario che propongo per Roma è un percorso nella pittura del Trecento, e in particolare nella pittura di Pietro Cavallini. Egli in autonomia rispetto a Giotto, ma con sensibilità moderna a lui affine, superando quella del mondo bizantino, dà testimonianza del suo modo di intendere e di vedere il mondo in una serie di importanti opere visitabili a Roma.

Chi sale nella chiesa dell'Aracoeli vede un'edicola, una tomba che ha sul fondo un affresco di Pietro Cavallini con la Madonna, il Bambino e due santi, un'opera importante e monumentale.

Il capolavoro vero e proprio di Cavallini, però, è il Giudizio Universale della chiesa di Santa Cecilia in Trastevere, luogo mitico della mia giovinezza perché difficile da vedere: era possibile visitarlo infatti soltanto il sabato e la domenica dalle undici a mezzogiorno, dopo aver chiesto l'autorizzazione per entrare alle suore del convento. Ma quando uno entra può ammirare sulla parete di controfacciata il Giudizio Universale, in una condizione molto favorevole, soprattutto in condizioni molto migliori dopo il restauro di Giantomassi, perché vede l'affresco all'altezza giusta da consentirgli di avere davanti a sé uno schieramento di dodici apostoli con il Cristo Pantocratore al centro. Ad altezza degli occhi il visitatore contempla un corpo a corpo di figure, dagli apostoli assisi sui loro troni agli angeli che si muovono in cielo, ad accompagnare il Giudizio Universale. Il Cristo, poi, con questo volto meraviglioso, che si ispira al Pantocratore bizantino, è un'immagine modernissima così come moderno risulterà tutto il movimento di quest'opera.

Pietro Cavallini a Santa Cecilia, con gli apostoli e il Cristo Pantocratore, testimonia una moderna visione dell'arte, la quale, in uno spirito schiettamente giottesco, si può anche trovare non più in affreschi, e neppure in pitture o tavole, ma in mosaici nella chiesa di Santa Maria in Trastevere, nella cui abside si scorgono le Storie della Vergine dipinte con perfette architetture, che sono molto vicine al gusto di Giotto e al suo tentativo di sentire lo spazio. Le Storie sono l'opera più importante di Pietro Cavallini, probabilmente al pari di Santa Cecilia, e forse ancor più per lo stato di conservazione.

I due principali cicli, il Giudizio Universale dell'Ara Coeli di Santa Cecilia e le Storie della Vergine di Santa Maria in Trastevere sono così i documenti più importanti della grande pittura italiana del Trecento, e si possono trovare a Roma, non a Firenze come tutti potrebbero credere. Pietro Cavallini a Roma, quindi, è pittore meno noto di Giotto ma altrettanto importante, e come Giotto, forse più, inaugura una nuova stagione, quella della pittura moderna.

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