Il summit di Roma è già senza pace

Annan promette: «Non andremo via a mani vuote. Impossibile disarmare gli hezbollah». Ma sulla missione non c’è accordo

Alessandro M. Caprettini

da Roma

«Non lasceremo Roma a mani vuote» promette Kofi Annan, ringalluzzendo i due anfitrioni - Prodi e D’Alema - che del summit alla Farnesina vanno facendo da giorni il fiore all’occhiello della diplomazia ulivista. Solo che, a questa parte di buoni propositi del segretario generale dell’Onu, non fa seguire ipotesi concrete di soluzione. Anzi. L’unico altro concetto di rilievo fatto da lui risuonare ieri nel Palazzo di vetro - prima di prendere il volo per l’Italia - riguarda infatti «l’impossibilità di disarmare gli hezbollah con la forza». E allora di che si parlerà nel summit di 4 ore della Farnesina?
Certo, di «cessate il fuoco»: è scontato. Ma se potrà avere una qualche attenzione a Gerusalemme, avrà lo stesso seguito da parte dei miliziani sciiti esortati ancora ieri da Teheran a intensificare le loro azioni portando la guerra in territorio israeliano? I dubbi restano forti. Anche perché al tavolo dove convergeranno in parecchi - dalla Banca Mondiale all’Arabia Saudita, dalla Spagna alla Ue con ancora in forse la presenza libanese, visto che l’invito è stato recapitato solo ieri da Condoleezza Rice a Beirut - manca proprio l’Iran. Mentre i tre governi arabi che hanno accettato l’invito (egiziano, saudita e giordano) sono a maggioranza sunnita, preoccupati dell’espansionismo di Teheran.
Prodi immagina un «summit molto costruttivo». D’Alema si preoccupa che Israele non intensifichi l’azione militare perché in caso contrario il vertice sarebbe depotenziato, ma di più non dicono. Forse perché i rispettivi sherpa si rendono conto della difficoltà di trovare punti di incontro al di là dello scontato richiamo al cessate il fuoco. Fa sperare l’ipotesi della forza di intermediazione europea, accettata un po’ a sorpresa da Olmert. Ma anche qui Kofi Annan semina qualche dubbio: «Ci sono idee diverse - dice - tra chi preferisce i caschi blu e chi una forza militare capace di interporsi tra le parti». La prima soluzione rischia di essere debole: le truppe Onu potrebbero finire in mezzo a nuovi tiri incrociati. Ma l’ipotesi di una operazione Nato con soli militari europei - che a quanto pare sarebbe voluta dalla Turchia, benedetta da Barroso e accettata dal ministro della Difesa tedesco Jung - è tutta da concordare coi siriani i quali non sembrano affatto convinti dall’idea. E i Paesi arabi presenti a Roma, pur concordando sulla necessità di disarmare gli hezbollah, per ora sono fermi sullo stop ai combattimenti. «Tutto il resto verrà dopo» fa sapere Hosni Mubarak, mentre americani, inglesi e tedeschi spingono per andare oltre il cessate il fuoco se davvero si vogliono risolvere i problemi.
Non poche le difficoltà alle viste, insomma, per il duo Prodi-D’Alema al battesimo del fuoco con la vicenda medio-orientale. E non solo sul capitolo internazionale. Perché se Fassino ieri, ricevendo l’ambasciatore dell’Anp in Italia Atayeh s’è detto favorevolissino ad una forza d’interposizione europea, la sinistra massimalista già ribolle d’indignazione.

«Assolutamente contraria a questa idea» la Deiana (Prc) mentre per l’altro rifondarolo Ferrando «il summit e l’idea della forza Onu o Nato ha il solo scopo di fornire copertura ad Israele, sigillando i nuovi rapporti di forza a vantaggio del sionismo e a danno degli arabi».

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